GROTTAMMARE – Abbiamo intervistato Paolo Carboni che da diversi mesi ricopre, all’interno dell’Agesci, il ruolo di Incaricato nazionale al coordinamento metodologico

Paolo perchè sei entrato negli scout?
Il mio ingresso nell’AGESCI risale all’età di 8 anni quando iniziai l’avventura insieme ai miei genitori che furono tra i fondatori del gruppo.La scelta del servizio è invece arrivata all’età di 19 anni con l’ingresso in Comunità Capi. Ritengo che il pensiero di Baden Powell sia oggi ancora più innovativo e oserei dire trasgressivo. Lo scautismo è uno strumento educativo potente che arricchisce non solo chi lo vive da “educando” ma anche chi lo vive intensamente e intenzionalmente da educatore. Come cristiani credo che tutti noi abbiamo il dovere di essere servi, di lavare i piedi alla sorella e al fratello. Lo scautismo è uno dei tanti modi per vivere il mio essere cristiano con sorelle e fratelli, figli di un unico Padre.
Se poi ognuno di noi ha almeno un talento siamo doverosamente chiamati a metterlo a frutto.

Da diversi mesi hai il ruolo di “Incaricato Nazionale al Coordinamento Metodologico”, potremmo dire sinteticamente che promuovi la riflessione su tematiche pedagogiche trasversali alle tre Branche coordinandone l’elaborazione e l’approfondimento ai vari livelli di competenza. Come hai portato avanti il tuo servizio in questi mesi?
Arrivo a questo incarico dopo un’esperienza di 6 anni nello stesso ruolo a livello regionale. I mesi trascorsi finora sono serviti a conoscere ambienti, dinamiche e persone, soprattutto le persone! Oltre i ruoli esistono persone diverse da te, che arrivano da territori e soprattutto storie diverse. Bisogna imparare a fare un passo indietro, si deve saper ascoltare. L’Associazione ha strutture complesse e dinamiche articolate.
Sono salito su un treno in corsa e sto cercando di dare il mio contributo soprattutto come facilitatore tra le varie funzioni associative.
L’AGESCI è l’unica associazione in Italia che nei ruoli apicali e di responsabilità educativa prevede la diarchia, cioè la presenza di un uomo e una donna. Ritengo questa scelta davvero profetica e sono convinto sia una opportunità grande per tutti noi. Sto portando avanti questo incarico con Tania, ex responsabile regionale della Toscana con cui condivido scelte e iniziative.

Quali nuove esigenze da parte dei giovani stanno emergendo?
Penso che in un mondo globalizzato e social il bisogno primario sia, quasi per assurdo, la relazione e la vita comunitaria, instaurare relazioni vere, sincere e leali; in una società così liquida la ricerca della solidità diventa una priorità. Come AGESCI crediamo che innanzitutto la solidità si trovi in Gesù. Come scout viviamo indossando un’uniforme, ma in realtà apprezziamo e valorizziamo le diversità che ci pongono davanti ai nostri limiti. Sentiamo dire da più parti che si devono costruire ponti e non muri, invito che dobbiamo necessariamente accogliere.

Si è da poco concluso il convegno “Con il tuo passo”. Cosa riguardava e cosa è emerso in specifico?
L’idea di tornare sul tema della disabilità è nata alla Route nazionale della Branca R/S, nel 2014. Lì si è visto lo splendore di molte comunità di rover e scolte che hanno saputo vivere in pienezza l’esperienza della Route nel segno della condivisione al passo di ciascuno. Storie di gioia nella fatica, di servizio nella reciprocità che testimoniano il valore irrinunciabile dell’accogliere e del lasciarsi accogliere dall’altro per crescere in umanità. Storie belle da tutta Italia che avremmo voluto raccogliere e raccontare. Negli anni che sono seguiti, molte sono state le sollecitazioni che ci sono arrivate da diverse parti in merito alla posizione dell’AGESCI rispetto alla possibilità di proporre uno scautismo per tutti, senza esclusioni. Abbiamo perciò pensato che la risposta migliore a questi interrogativi poteva venire soltanto da una riflessione più ampia, che riaprisse il tema della disabilità in AGESCI a partire dalla ricchezza della nostra storia, testimoniata dai documenti elaborati nel passato. Ne è nato il convegno “Con il tuo passo. Storie di accoglienza in AGESCI” che ha coinvolto tutti i livelli della nostra Associazione, a cominciare dagli Incaricati al Coordinamento Metodologico che con il settore Foulards bianchi hanno dato voce alla quotidianità della vita dei nostri Gruppi e risvegliato il desiderio di dire ciò che siamo, ciò che ci appartiene ma anche quello a cui siamo chiamati per camminare insieme al passo di ciascuno.
Dal convegno è emersa la necessità di fare in modo che la proposta educativa sia davvero per tutti e che come AGESCI sappiamo (dovremmo saper) entrare in rete con le altre agenzie educative. Una proposta educativa aperta significa anche rendersi visibili e accoglienti, saper dialogare non in “scautese” ma essere in grado davvero di leggere i bisogni del territorio attraverso le modalità definite dall’Associazione, quali i progetti educativi, le attività di servizio o specifici strumenti metodologici di branca.

Perchè oggi un giovane dovrebbe entrare a far parte di un gruppo scout?
Ritengo davvero la proposta educativa dell’AGESCI sia oggi assolutamente innovativa e controtendenza.
Mi permetto di riallineare la domanda a “perché dei genitori dovrebbero oggi far entrare i propri figli in un gruppo scout”. In primis dovrebbero essere i genitori a dover necessariamente condividere la proposta ed il percorso che partendo dai 4 punti di Baden Powell (formazione del carattere, salute e forza fisica, abilità manuale, servizio del prossimo) ha l’obiettivo di collaborare alla crescita e maturazione di bambini, giovani e ragazzi. La proposta è declinata in modalità che rendono la ragazza e il ragazzo protagonisti della propria crescita attraverso l’ “imparare facendo”. Ci sono elementi che ritengo possano essere davvero una risposta concreta ai bisogni attuali: vita all’aria aperta, responsabilità, servizio, vita comunitaria, acquisizione di competenze, coeducazione (il crescere e relazionarsi con l’altro sesso), autoeducazione.
Ma la proposta è permeata di una educazione alla vita cristiana che è vissuta, in comunione con la Chiesa locale perché prima di educare all’essere buoni cittadini si opera perché si diventi buoni cristiani

Il gruppo “Grottammare 1”, il 18 febbraio di quest’anno, ha festeggiato i 40 anni di attività. Tra i fondatori del gruppo c’è stato tuo padre, Gian Filippo. Ci potresti raccontare cosa ha significato per lui lo scoutismo e perchè decise di aprire, insieme ad altri, il primo gruppo scout di Grottammare?
Mi permetto di ampliare mettendo accanto a mio padre anche mia madre che, insieme ad altri tra cui Don Giovanni, Tommaso e Anna, Franco e tanti altri a seguire, hanno condiviso questo meraviglioso sogno divenuto progetto.
Sin da piccolo ho ricordi vividi che vorrei sintetizzare con passione, dedizione, amore.
In un tempo in cui l’avvento di internet era ancora lontano e i computer assolutamente non diffusi, ricordo mio padre a trascorrere le serate nel preparare materiali con macchina da scrivere, colla, forbici e fogli e tanta tanta creatività.
A quel tempo…il tempo aveva un importante valore per la riflessione, preparazione e cura. Era un tempo in cui il discernimento poteva essere vissuto in pienezza.
L’Agesci, come dicevo prima, si propone con associazione educativa dove gli educatori si propongo in diarchia e credo che la diarchia dei miei genitori sia stata la più grande testimonianza che abbia mai ricevuto; non voglio pensare a talenti ma piuttosto a bellezze.
Erano tempi poveri di regolamenti ma ricchi di entusiasmo e coraggio.
Non voglio semplificare dicendo che “era meglio prima” ma che non dobbiamo perdere quanto chi è venuto prima di noi ci ha testimoniato.
Dobbiamo riuscire ad essere profetici e saper guardare lontano e riusciremo a farlo perché siamo seduti sulle spalle dei giganti.
Vorrei ringraziarvi di questo scambio e salutarvi con le parole di Benedetto XVI: Il cristiano non sia tiepido. Il Vangelo non è solo parola ma realtà vissuta.

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