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Aria pulita e salute: Unione europea in campo

Sarah Numico

I siti delle Agenzie regionali per la prevenzione e la protezione dell’ambiente (Arpa) fin dalle prime settimane del 2019 hanno iniziato a trasmettere rilevazioni preoccupanti sulla qualità dell’aria delle nostre città. Complice l’andamento del clima: da Torino, Milano, Padova, fino a Frosinone, Caserta e Catania, passando per Bologna e Firenze, le cartine si riempiono di bollini rossi e scattano le “misure antismog” che impongono limitazioni per il traffico, per il riscaldamento domestico e anche per il settore agricolo. Stando ai dati dell’Agenzia europea per l’ambiente (Eea), in Europa sono oltre 422mila le morti premature all’anno riconducibili all’inquinamento atmosferico, una “cifra superiore in termini di vite umane a quello dovuto agli incidenti stradali, rendendola quindi la principale causa ambientale di decessi prematuri nell’Ue”. L’Italia si colloca tra i Paesi europei maggiormente colpiti, con più decessi in rapporto alla popolazione: 60.600 sono stati i morti per patologie legate all’aria malsana nel 2018. Stando all’ultimo rapporto Eea “Qualità dell’aria nel 2018”, l’8,9% della popolazione europea vive in aree in cui si registrano livelli superiori agli standard di almeno uno dei tre fattori più inquinanti (polveri sottili, biossido di azoto, ozono), mentre 3,9 milioni di persone vivono in aree dove tutti e tre i livelli superano il limite. Un particolare inquietante è che 3,7 milioni di loro abitano nell’Italia settentrionale.

L’inquinamento è da sempre una delle principali preoccupazioni politiche dell’Unione europea che ha cercato di sviluppare e implementare strumenti adeguati per contrastarlo: nell’ambito dell’inquinamento dell’aria la prima direttiva a porre limiti alle emissioni è stata la 96/62/EC, ma è la direttiva del 2008 (2008/50/CE) il riferimento oggi vincolante per i limiti di valutazione della qualità dell’aria. Oltre a definire i parametri, le normative precedenti avevano anche stabilito i requisiti necessari per garantire monitoraggio e valutazioni sul territorio degli Stati membri, in modo idoneo, armonizzato e comparabile, oltre che trasparente.Agli Stati membri inoltre il compito, nei casi di superamento dei limiti, di attivare le misure previste nei “piani di qualità dell’aria”.Tutto ciò ha portato a sensibili miglioramenti dice sempre l’Agenzia europea per l’ambiente, se si paragona il dato delle morti premature tra il 1990 e il 2015: 25 anni di politiche mirate hanno dimezzato il numero di morti per inquinamento atmosferico.

“Gli standard di qualità ambientali non sono così elevati in nessun’altra parte del mondo e hanno obiettivi ambiziosi riguardo ai livelli finali”. È Bruno Piacenza, professore di chimica e responsabile di Legambiente Cuneo, che sottolinea quanto l’Ue stia facendo a “beneficio” dei cittadini, anche se non corrisponde alla soddisfazione delle lobby, in primis quelle che producono automobili. “Il problema di fondo è il riscaldamento globale e sappiamo già che nel 2035 in molte località sarà necessario cambiare radicalmente lo stile di vita, mentre alcune regioni non saranno più vivibili”. Quindi “l’Ue vedeva lontano già anni fa, quando ha iniziato a imporre paletti e norme sulle emissioni, con un percorso tortuoso e faticoso, legato comprensibilmente a interessi nazionali e industriali”. Le ultime norme imposte sulle emissioni, dopo il “Dieselgate” del 2015, sono ancora più restrittive.

Già nel 2013 la Commissione aveva varato il pacchetto “aria pulita per l’Europa”, con nuove misure e obiettivi da raggiungere entro il 2030, e che ha portato il Parlamento europeo ad adottare nel 2016 nuovi limiti nazionali sulle emissioni delle principali sostanze inquinanti, tra cui NOx, particolato e biossido di zolfo, da raggiungere entro il 2030. Recentissima la notizia (19 febbraio scorso) che Parlamento e presidenza rumena del Consiglio dei ministri Uehanno raggiunto un accordo provvisorio sui limiti alle emissioni di Co2 dai camion (che emettono il 27% del Co2 prodotto da veicoli) con l’obiettivo di ridurle del 30% entro il 2030.La proposta dovrà passare al vaglio degli Stati membri e votata in emiciclo. Se correttamente implementato il pacchetto “aria pulita per l’Europa” potrà evitare – secondo le autorità Ue – 58mila decessi prematuri entro il 2030 e salvare dall’inquinamento da azoto una superficie di ecosistemi pari a 123mila km². Oltre a questo ci sarebbero risparmi sui costi per la salute e grazie al minor numero di giorni lavorativi persi per malattia, si registrerà un incremento in termini di produttività e competitività.

“Se non ci fossero state queste norme, la situazione italiana sarebbe di sicuro peggiore”, valuta Piacenza, anche se il problema dell’inquinamento nelle città “e questo lo sa benissimo l’Ue”, non si risolve solo con il controllo delle emissioni. “La mobilità va risolta in modo diverso” e Piacenza cita i “piani urbani mobilità sostenibile”, per costruire città adatte a pedoni e biciclette, dove prevalgano i trasporti pubblici e non per le macchine. “Ci sono città europee molto avanti, come Copenaghen o Stoccolma, che prevedono date entro le quali non circoleranno più auto nei loro centri cittadini”.

La transizione ecologica in Italia va più lenta e va sollecitata dal basso: “Tante volte noi associazioni ambientaliste ci siamo appellate a una direttiva dell’Ue perché il nostro Paese era in ritardo e volevamo spingere a prendere i provvedimenti di cui avevamo necessità”.L’“Ue però non è solo regole”, ricorda Piacenza, ma anche sanzioni, come quella in cui è incorsa l’Italia lo scorso anno, perché “l’Europa interviene quando gli Stati non tengono conto della salute dei loro cittadini”.C’è però anche il piano del “coinvolgimento dei cittadini a casa loro per renderli più responsabili”, un ambito in cui l’Ue mette a disposizione risorse. Un esempio in cui lo stesso professor Piacenza è stato coinvolto è il progetto di sensibilizzazione “Captor”, nel quadro del programma “Orizzonte 2020”, in cui cittadini e ricercatori in tre regioni d’Europa (Catalogna, Pianura padana e Austria meridionale) hanno collaborato per monitorare e affrontare l’inquinamento da ozono in Europa.

Un altro esempio di partecipazione dal basso nella lotta per l’aria pulita delle nostre città è il Patto dei Sindaci per il clima & l’energia dell’Ue, rete che collega migliaia di governi locali impegnati, su base volontaria, a implementare gli obiettivi comunitari su clima ed energia. Nato nel 2008 in Europa riunisce oggi oltre 7mila enti locali e regionali in 57 Paesi, ed esprime un “modello di governance bottom-up, di cooperazione multilivello e di azione guidata nei diversi contesti territoriali”.