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Cupra Marittima, inaugurata con successo la mostra sulla Sagrada Familia

Milena Crescenzi

CUPRA MARITTIMA – “La bellezza è la grande necessità dell’uomo” ha affermato Benedetto XVI nel 2010 nell’omelia per la dedicazione della Basilica della Sagrada Familia. È proprio dal riconoscimento di questa necessità che è stata esposta a Cupra, presso la chiesa di Sant’Egidio, la mostra “Una vita per la bellezza. Gaudí e la Sagrada Familia” visitabile fino al 10 marzo tutti i giorni dalle 10:00 alle 22:00.

Quale aiuto a conoscere l’uomo Gaudí e la sua più grande opera qual è la Sagrada Familia, sabato 16 febbraio nella chiesa di San Basso a Cupra, si è svolto un incontro di approfondimento con le curatrici della mostra Simona Cursale e Maria Cristina Savelli.

Don Armando Moriconi, che ha guidato l’incontro, nella sua introduzione è partito dalla nota affermazione di Dostoevskij “La bellezza salverà il mondo”. Non solo la bellezza piace, attrae, eleva, ma salva. Questo spinge inevitabilmente a legare la bellezza alla verità, come già i classici, a partire da Platone, hanno affermato “il bello è lo splendore del vero”. Un’affermazione molto vicina all’architetto catalano. Ma la verità se resta astratta non interessa, deve essere un bene che sento per me, che mi riguarda, che ha a che fare con tutta l’interezza della mia persona. Parliamo del bello, del buono e del vero che sono le proprietà con i cui i medievali qualificano l’essenza di Dio. Di questo si è quindi voluto parlare attraverso un incontro così: “Dio ci concede di partecipare alla sua propria Bellezza” (Pseudo Dionigi Aeropagita).
Quindi si è parlato di una bellezza non solo attraente, ma che salva, come? Usando delle parole di Santo Giovanni Paolo II agli artisti nel 2000 “Talvolta proprio il confronto tra lo splendore della realizzazione artistica e la pesantezza del proprio cuore può destare quell’inquietudine salutare, che fa sentire il desiderio di superare la mediocrità e iniziare una vita nuova, aperta con generosità all’amore di Dio e dei fratelli”.

Ha quindi preso la parola Simona Cursale introducendo un video che potesse mostrare immediatamente questa bellezza. Due minuti intensi di suggestive immagini della Sagrada durante la dedicazione a Basilica e dell’altare del Tempio, avvenuta il 7 novembre 2010, da parte di Benedetto XVI. Simona ha approfondito la figura di Gaudí aiutandoci ad incontrarlo come un amico. Come un uomo. Un uomo che fin da piccolo soffriva di una grave malattia reumatica che però sarà la condizione che acuirà in lui la capacità di osservazione e di scoprire, nelle meravigliose forme della natura, la presenza di Dio. Studente di architettura a Barcellona entra subito a contatto con la grande committenza borghese grazie anche all’incontro e all’amicizia con il mecenate Eusebi Güell. Simona ha delineato un uomo silenzioso ma dal temperamento di fuoco, deciso, amante della vita, della giustizia e della verità, per questo refrattario a compromessi con il potere e alla mediocrità. Memore è la vicenda de La Pedrera, uno degli edifici civili più famosi di Gaudí, per la quale aveva progettato una grande statua della Madonna da erigere sul tetto. I frequenti attacchi anarchici di matrice anticlericale indurranno i proprietari a rinunciare alla statua. Non certo Gaudi che abbandona il progetto, denuncia i proprietari e ottiene un risarcimento che dona in carità.
Gaudí ottiene la commissione della Sagrada Familia quando aveva appena 31 anni. Lavora al tempio fino alla fine della sua vita avvenuta nel 1926 in seguito ad un banale incidente. Incidente che è invece a circostanza attraverso cui, scambiato per un barbone, viene portato nell’ospedale dei poveri dove l’architetto desiderava morire.
Simona Cursale ha poi evidenziato il fatto che non sia scontato poter avere oggi la Sagrada familia. La chiesa infatti ha dovuto superare tanti ostacoli, il più grande dei quali è sicuramente quello di carattere ideologico. Negli anni ‘70 infatti, una petizione dei più grandi intellettuali del tempo ha minacciato l’interruzione dei lavori per motivi di carattere conservativo e filologico. Petizione che non venne mai accolta e che oggi ha portato ad uno dei firmatari, in seguito ad una visita alla Sagrada favorita da un suo amico, a compiere un gesto di onestà intellettuale sulla rinomata rivista Domus dichiarando che quello che aveva visto era Gaudi allo stato puro e ammettendo che sarebbe stato un grande errore se avessero ascoltato la petizione.
Altro aspetto su cui si è incentrato l’incontro è stato l’umiltà di Antoni Gaudí che può essere sintetizzata dalle sue stesse parole:
“So che il gusto personale degli architetti che seguiranno influenzerà l’opera, ma ciò non mi dispiace. E, credo, anzi, che la Chiesa ne trarrà vantaggio, in quanto la varietà delle epoche nell’unità del piano generale verrà sottolineata… Le grandi chiese non sono mai state frutto del lavoro di un singolo architetto… Bisogna sempre conservare lo spirito del monumento, ma la sua vita deve dipendere dalle generazioni che se la tramandano e con le quali la Chiesa vive e si incarna… L’opera di un solo uomo è inevitabilmente mi sarei morta già dalla nascita”.
Per questo Gaudí, consapevole del fatto che non avrebbe potuto terminare i lavori, decise di realizzare qualcosa dentro la quale si potesse cogliere “lo spirito del tempio” e la cui bellezza rendesse impossibile abbandonare i lavori. Ecco la ragione che spinse l’architetto, in opposizione a tutte le regole di ingegneria edile, a realizzare la facciata della Natività.

Cristina Savelli è invece intervenuta nell’aspetto più specifico dell’architettura e della scultura della Sagrada Familia. Interessante è stato ascoltare che Gaudí quando progettava le abitazioni voleva che i suoi proprietari fossero felici, quindi progettava con questo desiderio. Un desiderio piuttosto raro se si considera che generalmente il progettista tende ad emergere come architetto mettendo al centro le proprie abilità. Questo desiderio di rendere l’uomo felice esplode in tutti i particolari della Sagrada Familia a partire dalla scelta delle sculture che vengono portate tutte all’esterno, perché chiunque passasse di fronte alla chiesa potesse essere toccato e sbalordito dalla loro bellezza. E magari spinto ad entrare. Di questa grande parete scultorea, Cristina ha voluto sottolineare la novità iconografica delle sculture. In particolare ha sottolineato la figura di San Giuseppe, centrale nel Portale della Speranza. Proprio lui è stato chiamato ad attraversare le dure prove della persecuzione dell’esilio, con la strage degli innocenti e la fuga in Egitto qui rappresentate. Ha sottolineato quindi il bellissimo e tenerissimo sguardo di Giuseppe su Gesù, a ricordarci che tutta la nostra vita è tenere lo sguardo fisso su Gesù, dov’è la vera vita e la vera gioia.
Cristina ha saputo far cogliere le novità ingegneristiche del Tempio, come per esempio aver affinato il modello funicolare, ponendo l’arco parabolico come l’ultimo evoluto arco nella storia dell’architettura. “Quest’albero è prossimo al mio Creatore: è lui il mio maestro!” Questa affermazione compendia il modo di procedere dell’architetto che non creava niente, ma copiava dalla natura le forme più belle. L’interno appare infatti come un bosco di pietra. Colonne-albero che non sono una mera suggestione dell’artista ma hanno un carattere costruttivo e tecnico ben preciso e un aspetto simbolico altrettanto significativo. La luce è un aiuto al raccoglimento e alla preghiera, ma anche alla glorificazione di Dio. Lo spazio è illuminato in maniera indiretta a ricordare che “ogni cosa riflette la luce da altri elementi, così come santi esprimono forza per volere divino. Anche le superfici a mosaico ricevono la luce da altrimenti e la rifletteranno comunque, come le opere degli uomini ispirati da Dio, grazie ad esempio dei santi”. Infine le torri, la più alta delle quali, quella dedicata a Gesù, sarà alta 175 m, quota appena inferiore alla montagna del Montjuic, per ricordare che l’uomo è creatura e non Creatore.

È stato quindi evidente, a conclusione, l’affermazione riportata nell’atto di fondazione della chiesa, in cui padri fondatori, capeggiati dall’ardente fede di un semplice libraio, Josep Maria Bocabella, hanno voluto scrivere: “Risvegli dalla loro tiepidezza i cuori addormentati”.
Questo incontro sigilla quindi le parole di San Giovanni Paolo II a memoria e conferma che “Una fede che non diventa cultura è una fede non pienamente accolta, non interamente pensata, non fedelmente vissuta”. Un compito a cui ciascuno è chiamato. Per iniziare una vita nuova.

Per info e prenotazioni 329 8268228