“Abbiamo fede in Dio e sappiamo che Lui può riportarci indietro Leah. Quindi non ci arrenderemo”. Così dichiara ad Aiuto alla Chiesa che soffre (Acs) Rebecca, la madre di Leah Sharibu, la quindicenne cristiana rapita esattamente un anno fa da uomini di Boko Haram. Era il pomeriggio del 19 febbraio 2018 quando i terroristi rapirono 110 studentesse di età compresa tra gli 11 e i 19 anni in un college di Dapchi, nel nord-est della Nigeria. Nel marzo seguente, 101 ragazze sono state liberate, mentre altre sono morte per mano dei jihadisti. Leah è l’unica ancora in ostaggio perché, come hanno spiegato gli stessi estremisti alla madre, non ha voluto convertirsi all’Islam.
“Siamo forti in Cristo e non smetteremo di chiedere il rilascio di nostra figlia”, afferma Nathan Sharibu, il padre di Leah, che assieme alla moglie ringrazia Acs e tutti i cristiani che nel mondo hanno espresso loro solidarietà.
Accanto alla coppia, vi è il pastore Gideon Para-Mallam, tutore e portavoce della famiglia. “I genitori di Leah sono forti, ma è grande la sofferenza nei loro cuori. Oggi abbiamo pregato insieme in questo triste anniversario”. Il religioso nota come la giovane cristiana rappresenti un modello per tutti i suoi coetanei: “Un’eroina della fede cristiana del XXI secolo e un simbolo della resilienza di quest’area della Nigeria in cui i cristiani soffrono persecuzione da molto tempo”. “Attraverso il rapimento di Leah, Dio ci sta inviando un messaggio molto forte. Il Cristianesimo non verrà mai distrutto, né da Boko Haram, né da nessuna forza al mondo”.
Assieme ai signori Sharibu, il pastore ha pregato oggi anche per tutte le altre ragazze – sia cristiane sia musulmane – ancora ostaggio dei “talebani africani”. “Chiedo agli uomini di Boko Haram di immaginare che Leah sia loro figlia. Vi piacerebbe che le facessero quello che voi le state facendo? Dov’è la vostra umanità?”.

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