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La nuova edizione del Messale Romano tra tradizione e progresso

Maurizio Barba

Con l’approvazione del Santo Padre Giovanni Paolo II, il 10 aprile 2000, e con il Decreto della Congregazione per il Culto Divino e la Disciplina dei Sacramenti, il 20 aprile del medesimo anno, il Messale Romano è giunto alla sua terza edizione tipica nel 2002, a più di trent’anni dalla prima editio typica e a più di venticinque dalla seconda. Non si tratta di una semplice reimpressio emendata del libro liturgico per la celebrazione eucaristica, ma di una nuova editio typica con aggiunte e modifiche di natura sostanziali, integrative e migliorative di quanto già le precedenti edizioni avevano confermato. Per venire incontro, poi, alle esigenze sia di correzione di alcune imprecisioni sia di aggiornamento di elementi intercorsi tra una edizione e l’altra, nel 2008, come già nel 1971, è stata pubblicata una ristampa del Messale con alcune variazioni.

Di fronte alla nuova edizione del Messale Romano ci si chiede: quali sono le principali novità che esso contiene rispetto alle precedenti edizioni e che poi entreranno a far parte della versione italiana?

La nuova edizione tipica del Messale Romano si colloca anzitutto non solo nella linea dell’aggiunta di alcuni formulari di Messe al testo già esistente, ma anche nella prospettiva di un adeguamento della parte normativo–canonica al Codice di Diritto Canonico, e di un aggiornamento di quella normativo–liturgica alle disposizioni della Santa Sede posteriori al 1975.

Oltre ad essere sottoposto ad una vera e propria rivisitazione sia eucologica sia rubricale, il Messale ha avuto anche una nuova stesura di quella parte non meno importante e fondamentale costituita dall’Institutio Generalis, documento che, posto all’inizio del Messale, offre il significato delle singole sequenze rituali e dei particolari elementi celebrativi che compongono il rito della Messa, fornendo allo stesso tempo utili orientamenti per l’uso e per le modalità di realizzazione. Una normativa che, nonostante le variazioni e integrazioni avute nel tempo, ma pur sempre animata dal valore teologico, liturgico, rituale, spirituale e pastorale, contribuisce a dare alla celebrazione del mistero eucaristico quella efficacia che garantisce la consapevole, attiva e fruttuosa partecipazione del popolo di Dio. In questa prima parte, la novità più rilevante è l’inserimento del capitolo IX che raccoglie l’insieme delle norme relative all’adattamento e all’inculturazione della liturgia eucaristica, in particolare quelle che competono al Vescovo diocesano e alle Conferenze episcopali.

Nel contesto, poi, dei formulari di Messa che costituiscono la parte più consistente del libro – cioè quelli del tempo di Avvento, Natale, Quaresima e Pasqua, Santorale, Comuni, Messe rituali, per varie necessita e per i defunti –, va messo in evidenza l’aspetto funzionale migliorato degli elementi strutturali del Missale Romanum, in modo particolare la formulazione integrale di non pochi formulari, l’inserimento di nuovi testi qualitativamente significativi, l’integrazione delle rubriche organicamente formulate in base alla legislazione liturgica vigente.

Degno di nota, nel periodo di Quaresima, è l’inserimento di una “orazione sul popolo”nel formulario di ogni giorno, elemento recuperato dagli antichi sacramentari che evidenzia la volontà di dare rilievo al carattere penitenziale e comunitario di questo tempo liturgico.

In appendice al Rito della Messa si trovano anche le Preghiere Eucaristiche della Riconciliazione e la peculiare Preghiera Eucaristica che può essere usata nelle Messe “per varie necessità”, elementi che nella edizione italiana erano già presenti.

“Tradizione” e “progresso” sono i termini fondamentali per la comprensione delle principali “novità” racchiuse nel Messale, ovvero fedeltà da una parte, attraverso la custodia dell’identità del Rito romano, mediante la salvaguardia della forma celebrationis, legittimamente riconosciuta e concretamente decodificata nell’edizione “tipica” del liber princeps della preghiera di Rito romano. Apertura dall’altra, mediante la ricezione di alcune istanze di adattamento rituale e testuale, maturate in diverse Chiese locali, attraverso le traduzioni del Messale Romano nelle lingue nazionali, ufficializzate dalla Santa Sede negli ultimi trent’anni.

In attesa, dunque, di poter avere nelle nostre comunità la nuova edizione italiana del Messale Romano, va considerato che la terza edizione tipica contiene al suo interno integrazioni e ritocchi che si pongono nella linea dell’arricchimento dei contenuti e dell’adeguamento rubricale alla normativa liturgica vigente.

L’accrescimento testuale, il cui contenuto è, per la maggior parte dei casi, desunto dal ricco patrimonio eucologico della tradizione, mentre offre la possibilità di una maggiore scelta dei formulari nell’ambito della celebrazione, apre nuove prospettive che confermano ed integrano le linee teologiche del Vaticano II.

La precisazione, poi, di alcuni elementi rubricali e cerimoniali, considerata come fedele rispetto della norma in atto e di riflesso del comune agire rituale, se da una parte rimanda all’esigenza di una uniformità rituale per salvaguardare l’unità del Rito Romano, dall’altra stimola, a volte esplicitamente a volte implicitamente, a saper trarre, con saggezza ed equilibrio, dall’elemento normativo–rituale lo spirito che anima l’agire liturgico.

Così codificata, dunque, la nuova edizione del Missale Romanum non si pone in discontinuità con le precedenti edizioni, ma conserva in continuità e progresso, sia pur con caratteristiche proprie che la qualificano come editio typica tertia, l’intento fondamentale del Messale di Paolo VI, quello cioè di condurre il popolo di Dio ad una celebrazione sì fedelmente eseguita, ma soprattutto efficacemente partecipata e fruttuosamente vissuta.