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Sorelle Clarisse: “Cristo non ha bypassato la morte, ma l’ha provata, attraversandola e vincendola”

DIOCESI – Lectio delle Sorelle Clarisse del monastero Santa Speranza in San Benedetto del Tronto.

«Benedetto l’uomo che confida nel Signore», leggiamo nella prima lettura. Che significa confidare nel Signore? Forse, “passargli la palla” di ogni nostro problema certi che lui ce li risolverà? Oppure accettare passivamente e rassegnati ogni cosa che ci capita tanto la nostra ricompensa la avremmo in un’altra vita, migliore e meno sofferta di questa?
Una lettura semplicistica del brano evangelico potrebbe portarci a queste conclusioni. «Beati voi, che ora avete fame, perché sarete saziati. Beati voi che ora piangete, perché riderete…», scrive Luca. Quasi a dire: rassegniamoci e subiamo ora per gioire in un futuro che verrà.
Ma è proprio questo il senso della beatitudine? Il profeta Geremia ci aiuta: egli paragona l’uomo che confida nel Signore ad «un albero piantato lungo un corso d’acqua, verso la corrente stende le radici, non teme quando viene il caldo, le sue foglie rimangono verdi, nell’anno della siccità non si dà pena, non smette di produrre frutti».
Quest’albero non è esente dal caldo, dalla siccità. Esso, però, è in grado di affrontare le difficoltà perché non smette mai di stendere le sue radici verso l’acqua, unica fonte di vita, di salvezza, capace di farlo fruttificare ed essere rigoglioso.
Così per noi…stende le sue “radici” verso l’acqua, come canta il salmista, «l’uomo che non entra nel consiglio dei malvagi, non resta nella via dei peccatori e non siede in compagnia degli arroganti, ma nella legge del Signore trova la sua gioia, la sua legge medita giorno e notte».
Per dirlo con le parole del Vangelo, stendere le radici verso l’acqua è vivere da affamato e non da sazio, da povero e non da ricco, vivere, cioè, nella consapevolezza di non essere autosufficienti, di non poter camminare da soli, senza la compagnia di un Dio che è consolazione, custode, e certezza di vita per l’eternità.
«Ora, invece, Cristo è risorto dai morti, primizia di coloro che sono morti»: il nostro Dio non è un supereroe. Egli crede nell’umanità piena della nostra vita, l’ha scelta e continua a sceglierla ogni giorno. E di essa non ha bypassato nemmeno la morte, ma l’ha provata, attraversandola e vincendola.
Noi confidiamo proprio in questo Dio, un Dio non di superpoteri a cui fare appello per evitare qualsiasi inciampo nella nostra vita ma un Dio verso cui tendere sempre mente, cuore, anima e corpo, perché, come per l’albero piantato lungo corsi d’acqua, le nostre foglie non appassiscano mai e la nostra storia sia storia di bene, di grazia, di risurrezione, per noi stessi e per tutti.