Gianni Borsa

L’economia europea rallenta anche se “i fondamentali sono sani”. L’occupazione cresce – e questo è ovviamente un buon segnale – ma si registrano “incertezze sullo scenario mondiale” che potrebbero incidere negativamente sulle performance nazionali e sul mercato interno. Tutto questo in un’Europa a più velocità: i Paesi dell’est corrono, l’Europa centrale (Germania e Francia) camminano, l’Italia arranca, ultima in classifica per quanto riguarda il Pil. Sono le indicazioni che emergono dalle Previsioni intermedie della Commissione rese note da Pierre Moscovici, commissario agli affari economici.

Riviste le stime. L’economia Ue “dovrebbe crescere per il settimo anno consecutivo nel 2019, con previsioni di espansione in tutti gli Stati membri”, si legge nel report presentato in sala stampa al Berlaymont, sede dell’Esecutivo, dal commissario Moscovici. “In generale si prevede una frenata del ritmo di crescita rispetto ai tassi elevati degli ultimi anni e le prospettive sono soggette a forte incertezza”. L’attività economica “ha subito una frenata nella seconda metà del 2018 a seguito del rallentamento della crescita del commercio mondiale, in un contesto in cui la fiducia è minata dall’incertezza e il prodotto in alcuni Stati membri ha risentito negativamente di fattori interni temporanei quali perturbazioni nella produzione automobilistica, tensioni sociali e incertezze della politica di bilancio”. Di conseguenza – sostengono gli esperti della Commissione – la crescita del prodotto interno lordo (Pil) sia nella zona euro che nell’Ue è scivolata al ribasso: nel 2019 si prevede che sarà dell’1,3% nell’eurozona e dell’1,5% nell’Ue28. Per il prossimo anno i dati salgono, rispettivamente, all’1,6% e all’1,7%.

Cosa succede, Stato per Stato…“L’economia europea dovrebbe continuare a beneficiare del miglioramento delle condizioni del mercato del lavoro, di condizioni di finanziamento favorevoli e di una politica di bilancio leggermente espansiva”, si legge nelle Previsioni intermedie d’inverno. “Tra gli Stati membri più grandi, le revisioni al ribasso della crescita nel 2019 sono state consistenti per la Germania, l’Italia e i Paesi Bassi”. I dati Stato per Stato del Pil, nel 2019 e 2020, sono: Germania 1,1% e 1,7%; Italia 0,2 e 0,8 (unico Paese con una crescita inferiore all’1%); Grecia 2,2 e 2,3; Spagna 2,1 e 1,9; Francia 1,3 e 1,5; Malta 5,2 e 4,6; Slovacchia 4,1 e 3,5; Ungheria 3,4 e 2,6; Polonia 3,5 e 3,2; Romania 3,8 e 3,6; Regno Unito 1,3 e ancora 1,3.

Valdis Dombrovski

Incertezza Brexit. Alle parole sempre prudenti di Moscovici, si aggiunge il commento di Valdis Dombrovskis, vicepresidente della Commissione, responsabile per l’euro e il dialogo sociale: “Si prevede che tutti i Paesi dell’Unione continueranno a crescere nel 2019, il che significa più posti di lavoro e più prosperità. Le nostre previsioni sono tuttavia riviste al ribasso, in particolare per le maggiori economie della zona euro”. Questa revisione riflette “fattori esterni quali tensioni commerciali e rallentamenti sui mercati emergenti, in particolare in Cina”. Quindi una osservazione sui rapporti col Regno Unito: “La possibilità di un Brexit non ordinato crea ulteriore incertezza”. Per Dombrovskis “avere consapevolezza di questi rischi crescenti significa essere a metà dell’opera; l’altra metà consiste nella scelta della giusta combinazione di politiche: agevolare gli investimenti, intensificare gli sforzi per realizzare le riforme strutturali e perseguire politiche di bilancio prudenti”.

Il problema Italia. “Nella seconda parte del 2018, in Italia l’impatto di un commercio mondiale meno dinamico è stato rafforzato dalla debolezza della domanda interna e degli investimenti. L’incertezza e l’aumento del costo dei finanziamenti hanno fatto la loro parte”. Sulla situazione italiana Moscovici si è soffermato con dovizia di particolari. L’incertezza delle politiche economiche, ha detto, non aiuta la ripresa. E ha ricordato i necessari interventi sulla manovra, in autunno, per evitare che lo spread raggiungesse livelli incontrollabili. L’Italia resta dunque sotto la lente di ingrandimento a Bruxelles, anche se la Commissione non ha intenzione di fare ulteriori interventi prima delle elezioni europee di maggio. Moscovici aggiunge: “non sembra che vi sia stata l’espansione keynesiana prevista” dal governo. Ovvero, nessun boom. Da Roma giungono le prime prese di posizione e il ministro dell’economia, Giovanni Tria, esclude una manovra correttiva, rifiuta il termine “recessione” e preferisce parlare di “una battuta d’arresto” del sistema-Italia. Il premier Giuseppe Conte, prima ancora della diffusione dei dati di Bruxelles, aveva insistito: “noi confermiamo le nostre valutazioni di crescita”.

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