Il 29 maggio, d’ora in poi, sarà la festa liturgica di San Paolo VI. A stabilirlo è il Papa, tramite un decreto della Congregazione del Culto divino e la disciplina dei sacramenti – diffuso ieri dalla Sala Stampa della Santa Sede – in cui si legge: “Considerata la santità di vita di questo Sommo Pontefice, testimoniata nelle opere e nelle parole, tenendo conto del grande influsso esercitato dal suo ministero apostolico per la Chiesa sparsa su tutta la terra, il Santo Padre Francesco, accogliendo le petizioni e i desideri del Popolo di Dio, ha disposto che la celebrazione di san Paolo VI, papa, sia iscritta nel Calendario Romano Generale, il 29 maggio, con il grado di memoria facoltativa”.

La nuova memoria liturgica – la cui data corrisponde al giorno dell’ordinazione sacerdotale di Giovanni Battista Montini – “dovrà essere inserita in tutti i Calendari e Libri liturgici per la celebrazione della Messa e della Liturgia delle Ore”, si legge ancora nel decreto. Paolo VI (al secolo Giovanni Battista Montini) nacque il 26 settembre 1897 a Concesio (Brescia) e il 29 maggio 1920 fu ordinato sacerdote. Dal 1924 prestò la propria collaborazione a Pio XI e Pio XII e, contemporaneamente, esercitò il ministero sacerdotale a favore dei giovani universitari. Nominato Sostituto della Segreteria di Stato, durante la seconda guerra mondiale si impegnò a cercare rifugio ad ebrei perseguitati e a profughi. Designato successivamente pro-Segretario di Stato per gli Affari Generali della Chiesa, a ragione del suo particolare ufficio conobbe e incontrò anche molti fautori del movimento ecumenico. Nominato arcivescovo di Milano, si prese cura della diocesi in molti modi. Nel 1958 fu elevato alla dignità di Cardinale di Santa Romana Chiesa da san Giovanni XXIII e, dopo la morte di questi, fu eletto alla cattedra di Pietro il 21 giugno 1963.

“Perseverando alacremente nell’opera iniziata dai predecessori, portò a compimento in particolare il Concilio Vaticano II e diede avvio a numerose iniziative, segni della sua viva sollecitudine nei confronti della Chiesa e del mondo contemporaneo – si legge a commento della biografia posta a corredo del decreto – tra cui vanno ricordati i suoi viaggi in qualità di pellegrino, intrapresi a motivo del servizio apostolico e che servirono sia a preparare l’unità dei Cristiani, sia a rivendicare l’importanza dei diritti fondamentali degli uomini”. Esercitò, inoltre, il suo magistero in favore della pace, promosse il progresso dei popoli e l’inculturazione della fede, nonché la riforma liturgica, approvando riti e preghiere “in linea al contempo con la tradizione e l’adattamento ai nuovi tempi”, e promulgando con la sua autorità, per il Rito Romano, il Calendario, il Messale, la Liturgia delle Ore, il Pontificale e quasi tutto il Rituale, “al fine di favorire l’attiva partecipazione alla liturgia del popolo fedele”. Nello stesso tempo, “curò che le celebrazioni pontificie rivestissero una forma più semplice”. Morì il 6 agosto 1978, a Castel Gandolfo, e secondo le sue disposizioni, fu inumato in maniera umile così come aveva vissuto. “Come Paolo ha speso la vita per il Vangelo di Cristo, valicando nuovi confini e facendosi suo testimone nell’annuncio e nel dialogo, profeta di una Chiesa estroversa che guarda ai lontani e si prende cura dei poveri”, si legge ancora nel decreto: “La Chiesa è sempre stata il suo amore costante, la sua sollecitudine primordiale, il suo pensiero fisso, il primo fondamentale filo conduttore del suo pontificato, perché voleva che la Chiesa avesse maggior coscienza di se stessa per estendere sempre più l’annuncio del Vangelo”.

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