Di Marco Braccetti

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SAN BENEDETTO DEL TRONTO – E’ il quartiere più popoloso della città e, per certi versi, uno dei più complessi. Sant’Antonio da Padova ha al suo interno servizi fondamentali (municipio, ospedale, i due licei) e per questo è un autentico crocevia per l’intera San Benedetto e oltre. Lo sa bene il presidente del locale comitato zonale Pietro Colucci, al quale abbiamo fatto un po’ di domande per tastare il polso del suo quartiere.

Attualmente, qual è la criticità più sentita dai residenti?
«Direi la viabilità: problema che interessa gli abitanti di Sant’Antonio e, più generalmente, tutti i sambenedettesi e non solo. Nel nostro quartiere passano tutte le principali arterie cittadine, come il lungomare, viale De Gasperi, la Statale. Ci sono momenti in cui il traffico è davvero congestionato, con tutto ciò che ne consegue anche in termini di smog. Se a ciò aggiungiamo anche la pessima condizione in cui versano gli asfalti, abbiamo un quadro davvero negativo».

Come affrontare questo problema?
«Realizzando nuove infrastrutture capaci di fluidificare la viabilità urbana. Penso soprattutto al progetto di rotatoria in via Voltattorni che deve essere realizzato per completare il percorso iniziato con la rotatoria di via Asiago. Vorrei inoltre ricordare l’importanza di una rotatoria sulla Statale, nei pressi dell’ospedale civile: opera di cui si parlava fino a qualche anno fa. Questi sono interventi fattibili con relativa facilità, poi c’è il grande tema della Bretella collinare. Per me resta un’infrastruttura necessaria, ma non so se mai si farà. Se si farà, sicuramente la ricorderanno solo i nostri figli».

Come valuta la recente vendita ad un privato dell’immobile municipale “ex scuola Curzi” di via Golgi?
«Non entro nel merito di quella decisione, mi auguro solo che almeno una piccola parte dei proventi di questa operazione (in totale in Comune incassa circa 1 milione e mezzo di euro ndr) vengano riutilizzati per realizzare interventi migliorativi del quartiere».

Uno degli interventi che chiedete da tempo è il miglioramento dell’attraversamento della Ss 16, all’altezza di via Monte S. Michele, molto utilizzato anche da chi si reca in parrocchia. Novità?
«E’ una richiesta che abbiamo formulato più volte, anche durante l’assemblea pubblica dello scorso aprile, perché quel punto è molto pericoloso per i pedoni. L’idea è di realizzare un semaforo a chiamata o un attraversamento pedonale rialzato. Nonostante le nostre sollecitazioni, però, dal Comune finora non ci sono state azioni concrete».

Sempre in quell’assemblea, il vicepresidente Paolo Varese denunciò con forza la presenza di spacciatori di droga nel parco dedicato a Papa Woytjla, da allora è cambiato qualcosa?
«
Subito dopo quella denuncia, le forze dell’ordine hanno potenziato i controlli nell’area verde del nostro quartiere, dunque si è avuto un miglioramento. Poi, certo, a mio modo di vedere tutti i parchi urbani devono essere dotati di un sistema di videosorveglianza».

Un altro punto del quartiere che, da tempo, fa discutere per sosta selvaggia e scarsa manutenzione è l’area dinanzi alla clinica Villa Anna. Come stanno le cose?
«Proprio durante le ultime festività natalizie la proprietà della clinica, che possiede anche l’area in questione, ha realizzato un intervento di manutenzione, servito a migliorarne un po’ la fruibilità. Ma, per me, questo è solo un palliativo. Serve un importante intervento di riqualificazione, di cui si parla da tempo e che dovrebbe essere al centro di un accorto tra Comune e proprietà. Dunque auspico che si arrivi quanto prima ad un accordo. Ciò, tra l’altro, gioverebbe in primis a Villa Anna, che potrebbe offrire ai propri utenti un’area parcheggio sicuramente più confortevole. Personalmente, non ci vedrei nulla di male se venisse poi istituito un parcheggio a pagamento, con ticket “simbolico” da 1 euro. Anche perché, attualmente questo obolo viene riscosso da un parcheggiatore abusivo che lì continua ad operare pressoché quotidianamente».

Sant’Antonio ospita anche l’ospedale civile Madonna del Soccorso: da tempo si parla dei limiti di quella struttura e di un possibile nuovo nosocomio: progetti sui quali tutti i presidenti dei 16 quartieri sambenedettesi sono molto attenti, giusto?
«Esattamente, la nostra linea è chiara: non chiediamo nulla di più rispetto a ciò che ci spetta per legge. I parametri nazionali sui bacini d’utenza indicano che su San Benedetto deve esserci un ospedale di Primo livello. L’ipotesi di una struttura lontana dalla Riviera è impercorribile e lotteremo affinché non si realizzi. Comunque sia, come per la Bretella, anche per il nuovo ospedale ho la sensazione che dovrà passare ancora molto tempo prima di vederlo realizzato. Riguardo alla situazione attuale del Madonna del Soccorso, penso soprattutto al Pronto soccorso: lì il personale deve fronteggiare una grande mole di lavoro  ciò arriva a creare quei disservizi che ormai sono conosciuti da tutti».

Parliamo di decoro urbano, domanda: anche nel vostro quartiere i rifiuti vengono gettati alla rinfusa?
«Sì, anche cose di una certa consistenza, come vecchi materassi. Quasi tutti i giorni ricevo fotografie che denunciano certe condizioni di degrado. Io non posso far altro che girarle alla PicenAmbiente, sollecitando una rapida rimozione del rifiuto. Attualmente, una delle strade più interessate da questo fenomeno è via Piemonte. Mi preme però sottolineare che, in fin dei conti, la responsabilità principale di certe situazioni non è certo del Comune, né di PicenAmbiente ma ricade su quei cittadini irrispettosi delle regole».

Anche voi, seppur marginalmente rispetto ad altri quartieri, avete problemi di movida molesta. Come vanno le notti a Sant’Antonio?
«Negli ultimi tempi si è avvertito un miglioramento. Ha aperto qualche nuovo locale e, devo dire, sono stati fatti investimenti per realizzare accorgimenti tecnici molto importanti e costosi volti a ridurre al minimo i rumori molesti. Tutto questo mi fa ben sperare anche in vista della prossima estate ma, come per il discorso dei rifiuti, anche su questo tema una gran fetta di responsabilità sta nell’inciviltà di certe persone che girano di notte».

Il vostro quartiere prende il nome dall’omonima chiesa di Sant’Antonio da Padova. Come sono i rapporti tra comitato zonale e parrocchia?
«C’è un intenso e positivo interscambio. Durante tutto l’anno, noi realizziamo tante iniziative e il ruolo della parrocchia è determinante nell’organizzazione. Direi che c’è una collaborazione totale che vede molto attive anche altre associazioni di quartiere, come la Antoniana Eventi e la Rialto Croce. Siamo un bel gruppo di volontari impegnati sulle cose pratiche come, un recente esempio, la sistemazione dei giardini di Villa Rambelli: spazio dove il Comune, insieme all’associazione Antropos, intende realizzare dei progetti dedicati a persone con disagi psichici».

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