Michele Falabretti

Succede, inesorabilmente, tutte le volte. Il pomeriggio in cui si comincia a imballare il materiale, oppure si accompagna il cardinale presidente all’aeroporto, ha un sapore di liberazione (perché si è portato fino in fondo un lavoro) e nello stesso istante si spalanca un vuoto che durerà per qualche tempo.

Prima di scrivere queste righe (in ritardo e me ne scuso, ma qui sono quasi le 19 e la sveglia stamattina è suonata alle 3.40 ed è stata una giornata pienissima), mi sono affacciato a vedere il tramonto su Panama: dal settimo piano; lascio immaginare lo spettacolo.

Il sole dietro i grattacieli, il traffico che sembra rianimarsi (dopo giorni di calma per la “fuga” di molti panamensi dalla città) e all’orizzonte le luci delle navi sul mare. Alcune sembrano davvero grandi: forse aspettano domattina per imboccare il Canale e passare sull’Atlantico. Pensavo che abitare una città per un paio di settimane è già sufficiente per cominciare ad amarla e a riconoscerla come casa propria: ora ci orientiamo e possiamo attraversarla con maggiore fiducia. Appena qualche giorno fa mi sembrava davvero brutta; ora mi appare decisamente più aggraziata.

In questi giorni tutti noi siamo stati migranti-pellegrini e istintivamente tutti, in pochi istanti, iniziamo a comportarci da “padroni” dimenticando in fretta di essere ospiti.

Non abbiamo avuto problemi particolarmente gravi, ma non è vero che la buona educazione sia tutta “nostra”. I ragazzi, nell’insieme, sono stati davvero bravi: pazienti e sereni quanto basta; per il resto hanno saputo farsi sentire. C’è un’umanità bella, in loro: incontrarla è sempre un dono e una gioia.

Vorrei spendere una parola per i quindici vescovi (in testa il cardinale Bassetti) che sono stati con noi. Non sono venuti qui in vacanza: anche se hanno dormito in albergo, hanno passato moltissimo tempo con i loro ragazzi, li hanno (a volte) persino inseguiti e raggiunti. Certe sere ho visto qualcuno di loro rientrare con la camicia fuori dai pantaloni, sudato e arrossato dal sole dell’equatore e disfatto dalla fatica. Ma felice di aver potuto condividere del tempo con i giovani.

Non ho mai sentito applausi così calorosi per ringraziarli, insieme ai loro preti.

In tempi in cui quelli che si sentono più cattolici degli altri non fanno che dirne male, i ragazzi hanno saputo offrire loro una carezza affettuosa e – credo – un po’ di incoraggiamento.

Casa Italia domani chiuderà offrendo all’arcivescovo di Panama i doni dell’Italia alla diocesi che ci ha ospitato: la statua della Madonna di Loreto e il Crocifisso di San Damiano. Un grazie davvero grande, va speso per il personale della Segreteria generale della Cei che ha fatto di nuovo casa per gli italiani e alle persone che hanno offerto il proprio servizio volontario. Torniamo a Roma; ci attende il cammino quotidiano e, laggiù, nel ‘22, Lisbona e il Portogallo.

Entra a far parte della Community de L'Ancora (clicca qui) attraverso la quale potrai ricevere le notizie più importanti ed essere aggiornati, in tempo reale, sui prossimi appuntamenti che ti aspettano in Diocesi.

0 commenti

Lascia un commento

Il tuo indirizzo email non sarà pubblicato. I campi obbligatori sono contrassegnati *