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DIOCESI – “E pluribus unum”: per dirla col motto statunitense. Uniti nelle diversità, guardando al conflitto come opportunità per migliorarci e migliorare il mondo che ci circonda. E’ stato davvero ricco di spunti l’incontro formativo diocesano sul tema “Ricondurre la diversità all’unità: attraversare i conflitti”, animato dal prof. Enrico Parolari: professore presso il Seminario arcivescovile di Milano. L’appuntamento si è svolto mercoledì sera presso uno dei saloni parrocchiali di S. Filippo Neri, alla presenza del vescovo Carlo Bresciani. Tantissimi convenuti: laici e religiosi, tra cui lo storico parroco don Gabriele Paoloni ed il direttore della Caritas, don Gianni Croci.

Le parole del relatore hanno spazzato via alcuni “falsi miti”, opposti tra loro: quello dell’armonia assoluta e quello di situazioni conflittuali capaci di portare solo negatività. Visione manichea, smontata da Parolari. Ogni contesto umano, dunque anche in ambiti religiosi, può essere territorio di conflitti. Per superarli, occorre anche trovare ad un minimo comune denominatore.

Una solida base dove tutti si ritrovano e da lì partire per sanare le ferite: “Certo, la mia parrocchia e le mie usanze sono importanti – ha detto Parolari – ma il Vangelo vale molto di più di qualsiasi personalismo”.

L’annuncio del Vangelo, dunque, può essere un punto fermo. Ma anche sulle modalità di tale annuncio potrebbero nascere dei conflitti. E qui scatta il concetto di conflitto come “travaglio generatore”. Una bella discussione, anche dai toni animati, può essere positiva se porta a migliorare la situazione pre-esistente.

L’importante è riconoscere le ragioni dell’altro (attitudine su cui ogni persone è portata in maniera diversa: chi più chi meno) e porsi nei confronti dell’altro senza voler avere ragione a tutti i costi: “Teniamo presente – ha ricordato il docente meneghino – che noi siamo discepoli di Uno che è la Verità, ma che nella sua vita terrena non ha avuto la pretesa di vincere”. Un’insidia, invece, secondo Parolari può arrivare dai cosiddetti “conflitti inespressi”: situazioni, bisogni e domande di una comunità che non riescono ad emergere perché, non avendo nessuno che li rappresenti, restano senza diritto di parola, ma logorano il tessuto sociale che li esprime. “Dobbiamo riflettere su questi aspetti – ha esortato il professore – altrimenti il rischio è che, presi da piccoli conflitti di bottega, perdiamo di vista la società che ci circonda, lasciandola nella noia e nel pessimismo del “tanto non cambia nulla””. In conclusione, il vescovo Bresciani ha rimarcato che un mondo senza conflitti è un’illusione: “Ci saranno sempre, fino alla fine dei tempi. E’ nostro compito imparare a star dentro a certi conflitti ed a riconoscerci nelle diversità. Interroghiamoci sul nostro modo di porci davanti alle situazioni conflittuali: qual è il mio atteggiamento?
La ricerca delle risposte non può prescindere dal riconoscere che, in situazioni di conflitto, ognuno di noi ne è parte”.

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