Federico Citron

Il vescovo Corrado Pizziolo sta affrontando con serenità le nuove responsabilità che gli sono state affidate a livello di Chiesa italiana. Tra queste sicuramente la presidenza della Caritas è il ruolo più impegnativo, “ma si tratta – sottolinea il vescovo – di una struttura solida e ben funzionante”. Un organismo, la Caritas, voluto da san Paolo VI soprattutto per stimolare nelle comunità – in primis le parrocchie – la testimonianza della carità: motivare e stimolare i credenti ad opere di misericordia che rispondano ai bisogni degli ultimi. Ma per fare questo è necessario leggere continuamente la realtà o, per dirla con le parole di Pizziolo, “individuare in ogni passaggio epocale le fasce più bisognose da un punto di vista materiale e morale. In questo tempo mi pare che le emergenze siano la disoccupazione giovanile e l’immigrazione, con la contraddizione di molti giovani italiani che se ne vanno all’estero in cerca di lavoro e tanti stranieri che arrivano qui per lavorare. Una terza emergenza è rappresentata dall’accompagnamento e dall’assistenza agli anziani”.

Da tre anni lei fa parte della Commissione per il servizio della carità e la salute. Quali temi avete approfondito?
Le questioni più urgenti sono diverse: l’accoglienza dei migranti, i temi legati all’inizio e alla fine-vita e la tutela dell’ambiente. Soprattutto i vescovi del Sud, pensiamo alla Terra dei Fuochi, mettono in rilievo la necessità di maturare un diverso rapporto con il creato. Salvaguardare la terra in cui abitiamo è sicuramente un gesto di carità verso coloro che verranno dopo di noi.

La Caritas nasce non tanto per attuare servizi quanto per spingere i credenti – tutti e non solo gli operatori Caritas – a fare della propria vita un dono. Riesce ancora a farlo?
Pensando alla Caritas nazionale ma anche alla nostra Caritas diocesana posso dire che vi è uno sforzo continuo a non farsi fagocitare dal “fare”. Il pericolo è sempre in agguato, ma chi dirige questi organismi ha ben chiaro che non è alla guida di Ong cui vengono delegate “le opere buone”. D’altra parte

la promozione dell’impegno caritativo esige anche un esempio nell’agire concreto.

Si tratta in altre parole di un equilibrio continuamente da cercare. Noto, inoltre, che nel nostro territorio vi sono varie realtà di volontariato la cui nascita è stata stimolata proprio dalla Caritas. Purtroppo vi è una difficoltà a coinvolgere forze nuove, specialmente i giovani: dopotutto mettersi a servizio degli ultimi è una scelta impegnativa. Ma questa difficoltà non deve scoraggiarci!

Il Triveneto è una regione ecclesiastica in cui sono nati dei pionieri della Caritas, pensiamo a Nervo e Pasini. Oggi c’è un qualcosa di specifico che quest’area può dare alla Chiesa italiana?
Partecipando da tre anni alle attività della Commissione noto che in tutta Italia vi è una tradizione solidaristica, che assume connotati differenti.

Resto colpito, ad esempio, dall’ospitalità attuata dalle chiese del Sud.

Ma certamente vi è, nella tradizione solidaristica del Veneto – pensiamo solo al beato Toniolo – qualcosa di prezioso che va mantenuto.

A proposito di ospitalità, nel primo messaggio dopo la nomina lei sottolinea l’impegno prioritario della Caritas a promuovere una “prossimità ospitale degna del vangelo di Gesù”. Perché questa insistenza sull’ospitalità, che nella dimensione eucaristica è anche il tema dell’anno pastorale diocesano in corso?
L’ospitalità esprime in modo molto fecondo l’anima della carità evangelica che non è solo dare qualcosa, ma anche accogliere nel proprio cuore la situazione concreta e lo stato d’animo della persona in difficoltà.

Il bello della carità secondo il Vangelo è che, mentre condivido, sono io stesso ospitato e arricchito in qualche misura dall’altro.

È quello che viviamo nella celebrazione eucaristica. Qui Gesù si mostra ospitale con noi e noi – a nostra volta – lo ospitiamo, accogliendolo in noi per diventare capaci della sua stessa ospitalità.

La Caritas nazionale inevitabilmente si deve relazionare con le istituzioni pubbliche. È un risvolto che la preoccupa?
La Caritas non è né il governo né lo Stato e rispetta le competenze di tutti. In rapporto di dialogo offre proposte che possono contribuire al bene comune. Non sono preoccupato, perché la Caritas agisce a favore della comunità e non contro qualcuno.

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