DIOCESI – Lectio delle Sorelle Clarisse del monastero Santa Speranza in San Benedetto del Tronto.

«Questo a Cana di Galilea, fu l’inizio dei segni compiuti da Gesù; egli manifestò la sua gloria e i suoi discepoli credettero in lui».

Gesù dà avvio alla salvezza partendo da una festa di nozze in cui, ad un certo punto, viene a mancare il vino; è la più grande delle disgrazie che possa accadere perché, tanto nella tradizione mediterranea quanto nella cultura biblica, il vino è il segno della festa.

Perché Gesù sceglie di manifestarsi proprio a questa festa di nozze? Qual è il significato di questo miracolo in cui Gesù trasforma l’acqua in un vino buono?

Dio, attraverso Gesù, viene a riconquistare la sua sposa, Israele, quella sposa per la quale, nel corso di tutta la storia, ha combattuto, si è adoperato, ha protetto, ha custodito, una sposa che ha sfamato, ha vestito, per cui non si è mai concesso riposo; un Dio che non ha mai nascosto il suo amore passionale e appassionato per lei!

Le parole che leggiamo nella prima lettura, tratta dal profeta Isaia, sono una vera e propria dichiarazione di amore: «Sarai una magnifica corona nella mano del Signore, un diadema regale nella palma del tuo Dio. Nessuno ti chiamerà più Abbandonata, né la tua terra sarà più detta Devastata, ma sarai chiamata Mia Gioia e la tua terra Sposata, perché il Signore troverà in te la sua delizia e la tua terra avrà uno sposo».

Il Signore viene a gridare nuovamente, oggi, queste parole alla sua sposa, a ciascuno di noi, a cui, nel mezzo della nostra vita, del nostro percorso interiore, della nostra storia viene a mancare il vino della gioia, dell’abbondanza, della condivisione. Una mancanza dettata dalla stanchezza, dai nostri limiti, dalle nostre infedeltà, dalla nostra ripetività, dalla nostra carenza di vita.

Il Signore viene a trasformare l’acqua delle nostre anfore nel vino più buono, viene a ridare vita al nostro quotidiano, viene a farci nuovamente la proposta del suo amore, viene a restituirci la nostra dignità di uomini e donne unici e irripetibili.

Scrive San Paolo: «…a ciascuno è data una manifestazione particolare dello Spirito per il bene comune…», la sapienza, la conoscenza, la fede, la profezia, il potere dei miracoli, il dono di discernere gli spiriti, la varietà delle lingue, l’interpretazione delle lingue.

La relazione con il Dio sposo fa ricco ogni uomo e questa ricchezza particolare affidata ad ognuno, è il vino buono che alimenta la nostra vita e la vita di chi ci è accanto. E’ una ricchezza donata che ci parla di un Dio che si compiace nella sua creatura amata, di un Dio che dice bene di ognuno di noi.

Tutto ciò perché, insieme, come amati e amanti di Dio, possiamo davvero contribuire all’unico canto di tutta quanta la creazione, il canto di chi sperimenta «di giorno in giorno» la salvezza, la gloria, la potenza, la meraviglia dell’unico Dio, Sposo e Amante dell’uomo.

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