“Dio non sale alla ribalta del mondo per manifestarsi”. Lo ha detto il Papa, nella Messa dell’Epifania, celebrata ieri nella basilica di San Pietro, in cui ha fatto notare che “la luce di Dio non va da chi splende di luce propria”, come i potenti del tempo e di oggi: “Dio si propone, non si impone; illumina, ma non abbaglia”. “È sempre grande la tentazione di confondere la luce di Dio con le luci del mondo”, ha denunciato Francesco: “Quante volte abbiamo inseguito i seducenti bagliori del potere e della ribalta, convinti di rendere un buon servizio al Vangelo! Ma così abbiamo girato le luci dalla parte sbagliata, perché Dio non era lì. La sua luce gentile risplende nell’amore umile”. “Quante volte poi, come Chiesa, abbiamo provato a brillare di luce propria!”, il monito del Papa: “Ma non siamo noi il sole dell’umanità. Siamo la luna, che, pur con le sue ombre, riflette la luce vera, il Signore: Egli è la luce del mondo. Lui, non noi. La luce di Dio va da chi la accoglie”. “La luce divina non impedisce alle tenebre e alle nebbie fitte di ricoprire la terra, ma risplende in chi è disposto a riceverla”, ha  puntualizzato Francesco: di qui l’invito, sulla scorta di  Isaia, ad “alzarsi, cioè levarsi dalla propria sedentarietà e disporsi a camminare. Altrimenti si rimane fermi, come gli scribi consultati da Erode, i quali sapevano bene dov’era nato il Messia, ma non si mossero. E poi bisogna rivestirsi di Dio che è la luce, ogni giorno, finché Gesù diventi il nostro abito quotidiano”. No, allora, ai “vestiti pomposi”, come quelli di Erode, che “alla luce divina preferiva le luci terrene del successo e del potere”. Sì, invece, all’esempio dei Magi, che “realizzano la profezia, si alzano per essere rivestiti di luce”. “Essi soli vedono la stella in cielo”, ha commentato il Papa: “non gli scribi, non Erode, nessuno a Gerusalemme. Per trovare Gesù c’è da impostare un itinerario diverso, c’è da prendere una via alternativa, la sua, la via dell’amore umile. E c’è da mantenerla”. Quella dei Magi, insomma, è “un’altra strada, diversa da quella di Erode”: “Una via alternativa al mondo, come quella percorsa da quanti a Natale stanno con Gesù: Maria e Giuseppe, i pastori”. I Magi, ha concluso Francesco, “non discutono, ma camminano; non rimangono a guardare, ma entrano nella casa di Gesù; non si mettono al centro, ma si prostrano a Lui, che è il centro; non si fissano nei loro piani, ma si dispongono a prendere altre strade. Nei loro gesti c’è un contatto stretto col Signore, un’apertura radicale a Lui, un coinvolgimento totale in Lui. Con Lui utilizzano il linguaggio dell’amore, la stessa lingua che Gesù, ancora infante, già parla. Infatti i Magi vanno dal Signore non per ricevere, ma per donare”.

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