Mario Zenari

“Forse che il Signore non vede tutto questo?” (Lm 3,36).

“I siriani sono passati attraverso una litania di orrori”, ha detto il segretario generale dell’Onu Antonio Guterres il 13 aprile 2018.

“Devastazione e sofferenza a tutti i livelli che sfidano la capacità di comprensione (…) La situazione è comparabile a un mattatoio, a un completo dissolvimento dell’umanità, l’apice dell’orrore (…) e tutto sotto i nostri occhi” (O’Brien, sottosegretario per gli Affari umanitari e coordinatore dei Soccorsi di emergenza, Dichiarazione al Consiglio di Sicurezza, 26 gennaio 2017).

“Non ho mai visto un conflitto così violento, neppure in Ruanda o nella ex Yugoslavia, con tanti bambini morti, torturati, decapitati. I bambini sono le prime vittime di questo conflitto” (Carla Del Ponte, quotidiani svizzeri Le Matin Dimanche e Sonntags Zeitung, 13 agosto 2017).

Alcuni giorni fa, il 26 novembre, il secondo Rapporto del segretario generale dell’Onu sui bambini e i conflitti armati nella Repubblica Araba di Siria affermava che le parti in conflitto esibivano un palese disprezzo per la vita e i diritti fondamentali dei bambini. Descriveva le violenze sui bambini che creano un profondo turbamento commesse in un clima di impunità diffusa.

“Gli occhi di troppi fanciulli hanno passato la maggior parte della vita a vedere macerie anziché scuole, a sentire il boato sordo di bombe anziché il chiasso festoso di giochi. L’umanità ascolti – vi prego – il grido dei bambini, la cui bocca proclama la gloria di Dio (cfr Sal 8,3). È asciugando le loro lacrime che il mondo ritroverà la dignità” (Papa Francesco, visita apostolica a Bari, 7 luglio 2018).

 

I morsi della fame (Papa Francesco)

Come ci ricorda Papa Francesco, in varie parti del mondo, tanti, specialmente bambini, sperimentano ogni giorno i morsi della fame (cf. Messaggio per la Quaresima 2018). In questo contesto, non dimentichiamo gli 85.000 bambini dello Yemen sotto i cinque anni che sono morti negli ultimi tre anni del conflitto in corso, anche per fame e malnutrizione.

L’ex rappresentante dell’Unicef in Siria, Hanaa Singer, dopo la sua visita a Madaya nel gennaio 2016 ha detto: “Quella che sperimentate è l’ampiezza della fame” (OLJ, 16 gennaio 2016). Ali, 16 anni, è morto davanti ai suoi occhi e di una donna medico che la accompagnava. Le due donne hanno dichiarato: “Abbiamo visto due adolescenti nello stesso letto in uno scantinato. Erano ridotti a uno scheletro. La donna medico si è avvicinata a uno di loro che sembrava particolarmente debole. Mentre lo visitava, il suo polso ha cessato di battere. Lei ha cercato di rianimarlo. Una, due, tre volte. Poi mi ha guardato e ha detto semplicemente: ‘Ci ha lasciato’. Gli ha chiuso gli occhi. L’altro adolescente, il suo compagno, ha mormorato con disperazione: ‘È morto? È morto?’” (OLJ, 16 gennaio 2016, riferito anche dal Portaparola di Ban-Ki-Moon il 15 gennaio 2016). “I bambini chiedono l’elemosina di un pezzo di pane. Alcuni chiedono scusa di disturbarti dopo averti chiesto se hai del pane. Dicono: ‘Scusami, zio (forma educata di rivolgersi a una persona che non conoscono), se ti ho chiesto un pezzo di pane” (AFP 15.01.2016).
A Nashabieh, nel Goutha orientale, nel febbraio 2018, l’équipe tecnica del Pam, l’Unicef e l’Oms hanno trovato una popolazione esausta e casi di malnutrizione acuta fra i bambini (Coordinatore Umanitario Onu in Siria, Ali Al-Za’tari, 14 febbraio 2018).

Nella città di Duma, i genitori erano costretti a dar da mangiare ai figli a giorni alterni: “Mia figlia piange ogni volta che chiudo a chiave la sua porta, perché sa che quel giorno non è il suo turno e dovrà addormentarsi a stomaco vuoto” (Rapporto Pam del 22 novembre 2017).

Ascoltando queste dolorose testimonianze e guardando immagini conturbanti, vengono subito alla mente alcuni passaggi del Libro delle Lamentazioni: “Tutto il suo popolo sospira in cerca di pane” (Lm 1, 11); “Le mie viscere sono sconvolte per la rovina della figlia del mio popolo, mentre vien meno il bambino e il lattante nelle piazze della città” (Lm 2, 11); “esalavano il loro respiro in grembo alle loro madri” (Lm 2, 12); “La lingua del lattante si è attaccata al palato per la sete; i bambini chiedevano il pane e non c’era chi lo spezzasse loro” (Lm 4, 4).

 

Fiori nella tormenta

La strage degli innocenti (Mt 2, 16). “Rachele piange per i suoi figli e non vuole essere consolata” (Ger 31, 15).

Il conflitto siriano può essere definito come una vera strage degli innocenti. Molti sono morti per i bombardamenti, altri annegati in mare, altri ancora dilaniati dalle esplosioni, soffocati dai gas tossici, feriti dalle schegge, mutilati, con le ossa spezzate, abusati sessualmente, arruolati a forza nell’esercito o date in spose ad estranei.

“Signore, perché questo è successo proprio a me?”, ripeteva in preda alla disperazione davanti a me Laurine, 9 anni, un’alunna di quinta elementare, il Sabato Santo del 2014, dopo aver subito l’amputazione di entrambe le gambe.

Il 4 aprile 2017, durante l’attacco con armi chimiche a Khan Chikhoun (Idleb), fra le tante vittime, 30 bambini sono morti asfissiati. Pochi giorni dopo, il 15 aprile, 70 bambini sfollati hanno perso la vita a Rachidine, vicino ad Aleppo, per un’autobomba. Erano corsi verso quella macchina per ricevere delle caramelle. Probabilmente sono caduti vittime di un regolamento di conti fra gruppi armati rivali. Che trappola macabra e diabolica!

Per il personale degli ospedali, il compito è spesso molto stressante anche sul piano emotivo. Nel Goutha orientale, un bambino di 6 anni aveva il piede sezionato per un bombardamento. L’amputazione era inevitabile. L’infermiere, Ahmad, 25 anni, è crollato quando il bambino, stringendogli la mano, lo implorava: “Salva il mio piede! Salva il mio piede!”. “Sono uscito e sono scoppiato a piangere. Non sapevo cosa fare. Mi ha spezzato il cuore” (AFP-OLJ, 9 febbraio 2018).

“È semplicemente inaccettabile che i bambini continuino ad essere uccisi o feriti ogni santo giorno (…) Non centinaia, non migliaia, ma milioni in Medio Oriente e nell’Africa del Nord vengono privati della loro infanzia, mutilati per il resto della vita, gli vengono spezzate le ossa, vengono arrestati e messi in carcere, sono sfruttati, gli viene impedito di andare a scuola e di usufruire dei servizi medico-sanitari essenziali; gli viene persino vietato il diritto a giocare (…) Noi tutti insieme continuiamo a non riuscire a fermare la guerra di cui i bambini sono vittime!” (Dichiarazione di Geert Cappelaere, direttore regionale Unicef per il Medio Oriente e l’Africa del Nord, Amman, 5 febbraio 2018).

A questo proposito, Papa Francesco ha affermato: “Tanti bambini sono ancora oggi sfruttati, maltrattati, schiavizzati, oggetto di violenza e di traffici illeciti. Troppi bambini oggi sono profughi, rifugiati, a volte affondati nei mari, specialmente nelle acque del Mediterraneo. Di tutto questo noi ci vergogniamo oggi davanti a Dio, a Dio che si è fatto Bambino” (Omelia in Piazza della Mangiatoia, Betlemme, domenica 25 maggio 2014).

L’Unicef parla di 2,8 milioni di bambini che non vanno a scuola. Milioni di bambini soffrono di disturbi psicologici. Su 5,6 milioni di rifugiati, 2,6 milioni sono bambini (Achim Steiner, amministratore Undp, aprile 2018). Molti sono esposti al rischio dello sfruttamento sessuale, del lavoro minorile e dell’arruolamento forzato. Per le bambine c’è il problema dei matrimoni precoci con estranei. Inoltre, almeno 3,3 milioni di bambini in Siria sono esposti al pericolo delle mine antiuomo.

La famiglia, il più vicino ospedale (Papa Francesco)

La famiglia “è sempre stata l’ospedale più vicino”, afferma Papa Francesco (AL 321). Ma quante famiglie – “l’ospedale più vicino” – sono state colpite e distrutte in Siria! Chi può sanare i cuori di quei bambini e di quegli adolescenti? Quanti bambini di strada, spesso traumatizzati da violenze sessuali e stupri, non sanno cosa significa avere una madre!

 

La Chiesa come un ospedale da campo (Papa Francesco, AL 291)

Dopo la battaglia di Aleppo Est, nel dicembre 2016, sono uscite fuori alcune migliaia di bambini abbandonati, randagi o orfani. Spesso erano anche oggetto di pregiudizi: “Sono figli di Jihadisti!”. Per questo, vengono emarginati. Alcuni sono stati trovati morti per il freddo e per la fame, dopo aver cercato rifugio in alcuni edifici distrutti.

Per la buona volontà di alcune istituzioni caritative cattoliche, per prendersene cura è stata lanciata una lodevole iniziativa chiamata “Un nome e un futuro”.

Come e dove ha avuto origine questo Tsunami di spargimento di sangue e atrocità?

È cominciato nel Dar’a fra fine febbraio e inizio marzo 2011, con l’arresto e la detenzione di un gruppo di bambini che hanno osato pitturare sul muro di una scuola degli slogan di protesta e di libertà.

La fiamma della libertà e della pace nelle mani dei bambini e dei giovani della Siria sarà abbastanza forte per sopravvivere ai forti venti contrari?

Tra sogno e realtà

Residui di bombe, missili e razzi sono sparsi ovunque in Siria. Le persone in Siria, e specialmente i giovani, con l’aiuto della comunità internazionale, si trovano ad affrontare una sfida molto difficile:

“Forgeranno le loro spade in vomeri, le loro lance in falci” (Is 2, 4).

Il tempo era mite, i prati erano ricoperti di fiori e il vento accarezzava gli ulivi, quel giorno di aprile del 2016. I bambini e le bambine erano vestiti di bianco per la cerimonia della Prima Comunione: una gioia per la famiglia, per la parrocchia, per tutti! Dopo la cerimonia, correvano, gioiosi e spontanei, dietro la macchina del vescovo, in mezzo agli ulivi e ai prati fioriti. Improvvisamente, dovettero fare spazio ad una grande veicolo militare che occupava quasi tutta la strada. Il vescovo e io rimanemmo senza parole vedendo che il veicolo era stracarico di munizioni: bombe, razzi, missili. L’autista del veicolo, un uomo corpulento dalla pelle chiara, osservava con curiosità tutti quei bambini allegri vestiti di bianco. Una coesistenza di speranza e angoscia! Sogno e realtà!

“La pioggia è cessata; i fiori sono apparsi nei campi”

“Alzati, amica mia, mia bella, e vieni!
Perché, ecco, l’inverno è passato,
è cessata la pioggia, se n’è andata;
i fiori sono apparsi nei campi,
il tempo del canto è tornato
e la voce della tortora ancora si fa sentire
nella nostra campagna.

Il fico ha messo fuori i primi frutti
e le viti fiorite spandono fragranza.

Ritorna, o mio diletto,
sopra i monti degli aromi”.

(Cantico dei Cantici, 2, 10-13; 17)

Dopo la pioggia di razzi e il diluvio di fuoco!

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