Nicola Salvagnin

Con l’Europa – con l’Unione Europea e i suoi organismi decisori e vigilanti – c’è stato un gioco, da parte dell’attuale governo italiano, finito male. La legge di bilancio è stata costruita sapendo che avrebbe violato i parametri comuni e, tra l’altro, ri-concordati con l’Italia. Che, non dimentichiamolo, ha un debito pubblico mostruoso. Ma c’è stato da parte nostra un duplice calcolo, che si è rivelato errato in entrambi i casi.
La questione da numerica si è ovviamente trasformata in politica, perché alla fine sono politiche le decisioni in materia di soldi. Anche Germania e Francia, negli anni scorsi, hanno sforato i parametri prefissati. Ma si è chiuso un occhio (e anche due): sono due pesi massimi all’interno del sistema europeo. E alla fine gli scostamenti sono rientrati.
Quindi una fetta dell’esecutivo italiano immaginava che certe nazioni aderenti all’Ue, ma guidate da cosiddetti governi populisti – in teoria affini al nostro – ci avrebbero spalleggiato al momento del dunque. Calcolo errato. L’Austria, per dire, è tra le più inflessibili nel predicare rigore dall’Italia e verso l’Italia. E non si sono udite voci in appoggio da Ungheria, Polonia, Repubblica Ceca, Slovacchia. Hanno troppo da guadagnare nello stare allineate, visto il notevole saldo positivo che registrano le loro finanze dall’adesione all’Ue (l’euroscettica Polonia è quella che in proporzione versa di meno e incassa di più).
C’è stato poi un secondo calcolo politico che si è rivelato errato. L’aveva proposto e spalleggiato il ministro per gli Affari europei, l’economista Paolo Savona. A pochi mesi dalle elezioni – il succo del discorso – la Commissione avrà altre gatte da pelare e una debolezza intrinseca nel trattare lo sforamento italiano.
Altri colleghi di Savona, il primis il ministro dell’Economia, Giovanni Tria e quello degli Esteri, Enzo Moavero Milanesi, riportavano in Consiglio dei ministri impressioni esattamente opposte, ricavate dalle loro frequentazioni delle cancellerie europee e degli organismi comunitari. Ma alla fine la linea-Savona “copriva” l’esigenza di una legge di bilancio che produrrà nuovi debiti, almeno per il 2019.
Aveva torto Savona, come si è amaramente accorto pure lui. Non solo la mancata solidarietà di certi Paesi membri, ma pure una durezza al limite dell’inflessibile da parte degli organismi comunitari ad ogni livello. Anzi, l’Italia è diventata la miccia che sta scatenando la battaglia politica tra “forze responsabili” e “irresponsabili”, insomma tra i due fronti politici che si combatteranno alle elezioni europee di primavera 2019. Solo che le prime, per ora hanno in mano tutte le leve giuste per castigarci a dovere. Anzi, per far capire all’opinione pubblica europea quali saranno le conseguenze di certe scelte elettorali.
Noi ci siamo capitati in mezzo. E davanti a noi, due strade: nella prima si abbaia tutti pubblicamente ma ci si accorda per qualche schiaffetto diluito nel tempo, fino al voto e poi si vedrà. Nella seconda, è scontro frontale e accelerato. Noi italiani abbiamo proposto la prima, ovviamente. Ma bisogna essere d’accordo da entrambe le parti.

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