Giovanni M. Capetta

“Mi hai tessuto nel grembo di mia madre”. Citando l’intensa espressione del salmo 139, il Papa percorre con tenerezza l’itinerario che porta dal concepimento alla nascita e si affianca all’esperienza faticosa ma affascinante della gravidanza. Chi è più vicino di una madre ad un figlio? Il Signore! Perché “ogni bambino sta sempre nel cuore di Dio” (AL 168) ed anche se una madre si dimenticasse, Lui non si scorderà mai di una sua creatura. Riconoscere l’alterità dei nostri figli, il fatto inequivocabile che non ci appartengono, che sono un dono gratuito, che solo il Creatore li conosce pienamente, è un atteggiamento fondamentale che aiuta sia a non pretendere da essi quello che le nostre aspettative avessero impropriamente proiettato su di loro, sia a saperli accogliere anche se non esplicitamente desiderati o se presentassero caratteristiche (o handicap) che non potevamo prevedere e che certo non sono di per sé desiderabili. Un’arte quella di essere genitori che si apprende col tempo e direttamente sul campo, di certo non innata, perché l’istinto a noi umani non basta. Essere padri e madri è l’avventura più stra-ordinaria che l’uomo possa provare, ma è anche una sfida complessa che contempla cadute, errori e frustrazioni. Papa Francesco mette in guardia da alcuni errori, primo fra tutti quello di essere assenti. Alle madri il Pontefice ricorda che, pur essendo legittima tutta la loro attuale emancipazione (soprattutto in ambito lavorativo), nulla le sostituisce nel rapporto con un nascituro, in particolare nei primi mesi di vita. “«Le madri sono l’antidoto più forte al dilagare dell’individualismo egoistico […] Sono esse a testimoniare la bellezza della vita»” (AL 174). Anche ai padri, d’altro canto, il Papa dedica ampio spazio, riconoscendo che la “figura paterna” è tanto necessaria quanto le cure materne e “si caratterizza maggiormente per l’orientamento, per l’uscita verso il mondo più ampio e ricco di sfide, per l’invito allo sforzo e alla lotta” (AL 175). Il bambino, e poi ancora il ragazzo e il giovane hanno bisogno e diritto di beneficiare della “presenza chiara e ben definita delle due figure, femminile e maschile” che creano l’ambiente più adatto alla loro maturazione (AL 175). Nella cosiddetta “società senza padri” ci si è resi conto che, superato l’errore del passato di un autoritarismo paterno che rasentava la sopraffazione, si è passati all’errore opposto di un’assenza o ininfluenza del padre che non aiuta la crescita dei figli. Su questo il Papa è perentorio: quando anche i mezzi di comunicazione o la tecnologia dello svago distraggono i padri e gli adulti dal loro ruolo e tempo di accudimento ed educazione dei figli, c’è da compiere una radicale inversione di rotta. Come nella parabola dei due fratelli, “i figli hanno bisogno di trovare un padre che li aspetta quando ritornano dai loro fallimenti. Faranno di tutto per non ammetterlo, per non darlo a vedere, ma ne hanno bisogno” (AL 177). Allora, non lasciamoci sfuggire l’occasione di una parola, uno sguardo, un ascolto in più: tutto questo ha un valore impagabile e non c’è social network che tenga.

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