M. Chiara Biagioni

Un vescovo molto social. Tra Twitter, post su Facebook e video su YouTube sta raccontando nella piattaforma più amata e vissuta dai ragazzi le atmosfere, i dibattiti, i saluti direttamente dall’aula vaticana dove è in corso il Sinodo sui giovani. Lui è mons. Emmanuel Gobilliard, vescovo ausiliare di Lione e membro eletto dalla Conferenza episcopale francese. Ride quando dice di riuscire ad intrufolarsi un po’ dappertutto. Non si è fermato neanche di fronte a Papa Francesco al quale è riuscito a fare una piccola video-intervista. “Gli ho chiesto se poteva rivolgere qualche parola ai giovani e lui ha detto parole profonde, molto semplici. Per me è stato esempio di una disponibilità che non immaginavo. Un segno di fraternità. Un fratello in mezzo ai fratelli”.

Mons. Gobilliard, che atmosfera si sta vivendo al Sinodo?
Un momento di comunione, di libertà, di diversità. Questo pomeriggio per esempio ero seduto accanto al vescovo della Cina continentale. Ci siamo ritrovati nello stesso circolo minore perché parla francese in quanto ha fatto i suoi studi a Lione, nella mia diocesi. È stata un’emozione molto forte.

Il Papa ha chiesto che, dopo ogni 5 interventi, si osservi un momento di silenzio, circa tre minuti. Cosa succede in questi minuti?
Per me questi momenti sono molto diversi tra loro. Qualche volta è un’occasione per scrivere dei pensieri, qualche volta prego. Prego perché quando si sente la testimonianza di un padre sinodale dell’Africa che parla della sofferenza dei giovani, non possiamo fare altro che pregare. Sì,

ci sono stati molti momenti in cui sono rimasto in preghiera.

Che tipo di problemi stanno emergendo?
I giovani possono mostrarci cammini che noi non conosciamo o che loro conoscono meglio di noi. Prendiamo, ad esempio, tutto il mondo della comunicazione e delle reti sociali. Ai padri sinodali è un mondo che fa paura. I giovani ci vivono dentro. Per questo li dobbiamo ascoltare e provare a capire. E’ stato detto più volte – e questo mi ha colpito molto – che i giovani non devono essere considerati fuori dalla Chiesa, fanno parte della Chiesa. I giovani sono la Chiesa.

Ma i giovani hanno l’esigenza di parlare alla Chiesa? Non c’è la sensazione in aula di aver perso i giovani? 
Hanno voglia di accompagnamento, di aiuto. Sì, certo. È vero che li abbiamo persi. Ma è anche vero che ci hanno lanciato un grido molto forte a proposito della loro vita. I giovani da noi si aspettano una speranza realista, una prospettiva possibile, una via percorribile per essere felici.

La santità non è un sogno ma una realtà.

Abbiamo saputo che ci sono stati molti interventi sugli abusi. Cosa si è detto? I giovani si allontanano da una Chiesa così fortemente segnata dagli scandali. Come riguadagnare la loro fiducia?
In aula un vescovo ha fatto una litania di perdono. È stato un momento moto forte che ha provocato in tutti una forte emozione. Abbiamo parlato degli abusi sessuali, dicendo che non dobbiamo permettere che i peccati degli altri impediscano oggi alla Chiesa di continuare a dire una parola vera e profonda. Dobbiamo chiedere perdono, dobbiamo fare tutto ciò che è possibile fare perché la casa sia sicura ma dobbiamo anche dire che siamo in un buon momento perché il momento in cui il peccato è rivelato, è molto più favorevole del momento in cui il peccato è nascosto.

Prima il peccato era taciuto e sofferto. Adesso il peccato è rivelato.

C’è dunque la possibilità per le vittime di essere consolate e avere giustizia, per gli autori di rendere conto alla giustizia dei loro atti e convertirsi, e per la Chiesa di cambiare e rinnovarsi. Anche se è difficile, anche se tutto ciò ha provocato profonde sofferenze, è arrivato oggi il momento favorevole perché le cose cambino radicalmente. I giovani sono verso il futuro. Non pensano al passato. Ci orientano al futuro e ci chiedono: cosa fate per noi ora?

E Papa Francesco, cosa fa, come si comporta? Con i giovani la Chiesa scommette sul suo futuro. Lo vede preoccupato? 
Il Papa è incredibile: è sempre presente, sempre. Ci saluta personalmente, si ferma con noi ai coffee break. Ci parla come fratelli. È molto disponibile. Non fa il giovane, il Papa. Ci dice: io sono anziano, i giovani devono ascoltare gli anziani e gli adulti devono provare a capire i giovani. E questo è molto bello perché è realista e apre sempre a un cammino da costruire insieme.

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