DIOCESI – Mercoledì 5 settembre si è tenuto, presso la sala polivalente della Caritas diocesana, il quarto incontro formativo per i volontari di tutta la diocesi. La proposta formativa, dal titolo “Il DNA del volontario” consiste in un ciclo di incontri volti a migliorare le competenze relazionali. Ospite di questo incontro è stato il professor don Alessandro Manenti, laureato in teologia, filosofia, psicologia, che ha trattato il tema della gestione delle relazioni complesse e di come vivere i rapporti conflittuali. Egli è partito, nella sua analisi, dall’idea di fondo che alla base di tutto deve esserci il del RICONOSCIMENTO, cioè l’atteggiamento interiore che porta a riconoscere l’alterità fino a dire: “ti riconosco, sei benvenuto, nel mondo c’è un posto per te”.

L’altro infatti, in quanto soggetto esistente, è dotato di una sua pienezza, di un suo vissuto e di una sua dignità. È a partire da questo riconoscimento che ci si può aprire alla relazione e alla cura: una cura che consiste nel saper portare dentro di sé l’altro in maniera corretta. L’aiuto non deve essere infatti solamente di tipo materiale o di solo servizio, ma deve essere capace di innescare nella persona in difficoltà un dinamismo di crescita che deve portare all’autodeterminazione. Una relazione di “trascendenza teocentrica” presente in ognuno di noi, che ci interroga sul concetto di persona umana e che ci spinge verso un amore totalizzante, coincidente con quello di Dio. La relazione di carità è sempre ‘triangolare’ e coinvolge l’io, l’altro e Cristo – almeno per noi cristiani – o comunque un terzo per altri. Questo amore non si sofferma solamente al benessere dell’altro (che coincide con la filantropia) ma desidera che l’altro si apra al bene totale. In questa prospettiva il volontario Caritas si pone dunque in mezzo a un passato che non c’è più e una speranza che deve ancora arrivare, ma per farlo occorre che ci si liberi da motivi utilitaristici, per aprirsi completamente alla totalità e riscoprire così i “valori alti”.

Il riconoscimento dell’altro, che coincide anche con il rispetto, consiste nell’assunzione piena dei diritti e dei doveri. Ogni diritto infatti coincide con un dovere acquisito di modo che l’altro non si senta un soggetto passivo. Esso deve percepire come viene trattato e attraverso questa percezione deve sentirsi parte di una totalità la quale permette di riscoprire la dimensione della responsabilità partecipativa. Una responsabilità che riassume in sé la propria individualità ma anche quella della comunità accogliente.

Il prossimo appuntamento è per venerdì 26 ottobre 2018 con casa Sankara, ass. Ghettoout per trattare il tema: “L’alterità come risorsa: integrazione ed accoglienza”.

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