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Vertice di Salisburgo su Brexit e migrazioni: Tusk punta il dito verso Londra e i governi populisti

Gianni Borsa

Donald Tusk si riprende da un lungo silenzio – qualcuno a Bruxelles lo aveva malignamente definito un letargo – e in vista del vertice “informale” in corso oggi e domani a Salisburgo bacchetta Londra sul Brexit, tira le orecchie ai governi populisti che vogliono lucrare vantaggi elettorali sui migranti e fissa un paio di vertici straordinari. È di tutta evidenza che,da politico navigato, Tusk ha intuito che le spine nei fianchi dell’Ue si moltiplicano, che i cittadini europei chiedono giustamente delle risposte, mentre il tempo per agire prima delle elezioni dell’Europarlamento (maggio 2019) è oramai pochissimo.“I negoziati sulla Brexit stanno entrando nella loro fase decisiva. Vari scenari – dichiara con un certo piglio – sono oggi ancora possibili, ma vorrei sottolineare che alcune delle proposte del premier May indicano un’evoluzione positiva nell’approccio da parte del Regno Unito e una volontà di minimizzare gli effetti negativi del Brexit” (una stoccata ben studiata!).
Il presidente del Consiglio europeo sa dosare i toni diplomatici, per poi arrivare all’affondo: “Con ciò intendo, tra l’altro, la disponibilità”, mostrata da parte del Regno Unito, “a cooperare strettamente nel settore della sicurezza e della politica estera”. Su altre tematiche, invece, “come la questione irlandese o il quadro per la cooperazione economica, le proposte del Regno Unito dovranno essere rielaborate e ulteriormente negoziate”. Ovvero: governo May rimandato.
Tusk quindi sottolinea nella dichiarazione pre-summit:“Oggi c’è forse più speranza, ma c’è sicuramente sempre meno tempo. Domani proporrò di convocare un vertice straordinario intorno alla metà di novembre” per chiudere i negoziati con Londra.Dalla May – politicamente sempre più debole in patria – arriva un messaggio tutto da chiarire, specialmente centrato sul confine irlandese: “Nessuna delle due parti può fare all’altra richieste inaccettabili”. A Londra ormai è chiaro che il Brexit non sarà un affare, che l’isola sarà ancor più isolata: trovare un accordo con l’Unione è proprio necessario ma, spera la May, senza perdere la faccia e senza far cadere il governo conservatore che sta tirando le fila delle trattative per parte britannica, con uno scontento crescente nel parlamento e nel Paese.
Sulla migrazione Tusk invece afferma: “Nonostante la retorica aggressiva, le cose si stanno muovendo nella giusta direzione”. Anche ieri aveva usato toni garbati ma fermi contro i governi che non intendono rendersi disponibili per una risposta comune al fenomeno migratorio. I risultati finora ottenuti si devono “principalmente – cerca di spiegare – al fatto che ci siamo concentrati sul controllo delle frontiere esterne e sulla cooperazione con i Paesi terzi, che ha ridotto il numero di migranti irregolari da quasi 2 milioni nel 2015 a meno di 100mila quest’anno”. Frontiere esterne e cooperazione sono tutto sommato scelte utili e condivise, ma se si tratta di parlare di redistribuzione dei migranti, di accoglienza dei rifugiati o di riforma del diritto di asilo…Tusk a questo punto insiste: “Invece di cercare un vantaggio politico dalla situazione, dovremmo concentrarci su ciò che funziona e andare avanti. Non possiamo più essere divisi tra coloro che vogliono risolvere il problema dei flussi migratori illegali e coloro che vogliono usarlo per ottenere un guadagno politico”(letteralmente “…and those who want to use it for political gain”).
Tusk conclude: “Questa sera chiederò” ai capi di stato e di governo Ue “il sostegno ai nostri sforzi per intensificare la cooperazione con i Paesi nordafricani e proporrò di convocare un summit tra Ue e Lega dei Paesi arabi, in Egitto, nel febbraio del prossimo anno”. Nelle prossime 24 ore si misurerà la volontà o meno dei governi dei Paesi membri di serrare le fila oppure se continuare a scegliere la strada dei “popolari” ma inutili nazionalismi.