A Tripoli è stato raggiunto un accordo per il cessate il fuoco a Tripoli: lo ha annunciato ieri la Missione delle Nazioni Unite in Libia (Unsmil), in un un tweet pubblicato sull’account ufficiale della Missione.

L’accordo mira a “porre fine a tutte le ostilità, proteggere i civili, salvaguardare la proprietà pubblica e privata”. Sarà riaperto anche l’aeroporto internazionale di Meitiga a Tripoli, chiuso da quando è esplosa la violenza, una settimana fa. L’accordo, informano le Nazioni Unite, è stato firmato da rappresentanti del Governo di Accordo Nazionale (Gna), da comandanti militari, apparati di sicurezza e gruppi armati presenti a Tripoli e dintorni. Decine di civili sono stati uccisi e centinaia feriti in alcune zone residenziali della capitale libica. Secondo l’Ufficio per i diritti umani delle Nazioni Unite (Ohchr), un operatore umanitario che cercava di aiutare a fuggire i civili intrappolati in un quartiere sarebbe stato colpito da colpi di arma da fuoco, mentre uno dei gruppi armati coinvolti avrebbe confiscato tre ambulanze. L’Organizzazione mondiale della sanità (Oms) e l’Unhcr stanno intensificando le risposte ai bisogni umanitari, distribuendo farmaci per traumi, con 2.000 unità in standby e 10 squadre mobili per le emergenze nelle zone dei combattimenti. L’Unhcr sta anche aiutando le famiglie che hanno cercato riparo in una scuola locale. “Ai medici e agli altri operatori sanitari deve essere permesso di muoversi liberamente in modo che possano salvare vite umane senza ritardi e senza rischi per la loro sicurezza personale”, ha affermato Syed Jaffar Hussain, capo dell’Oms in Libia. I blocchi stradali impediscono infatti alle ambulanze di prestare assistenza sanitaria ai feriti. Le agenzie dell’Onu segnalano inoltre che è stata colpita anche una struttura di detenzione per migranti. “Stiamo monitorando da vicino la situazione in coordinamento con la Direzione libica per la lotta contro la migrazione illegale e le agenzie delle Nazioni Unite, per fare in modo che tutti i rifugiati e i migranti siano trasferiti in un posto più sicuro”, ha affermato Yaxley dell’Unhcr. Secondo i rapporti delle Nazioni Unite, circa 8.000 migranti sono detenuti arbitrariamente nei centri di detenzione nelle aree dei combattimenti, senza accesso a cibo o cure mediche. Alcuni migranti sono stati liberati dai centri ma “successivamente sono stati catturati dai gruppi armati e costretti a lavorare per loro”.

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