Foto: Laura Caffagnini

M. Chiara Biagioni

“Sappiamo di vivere in un contesto dove abbondano i conflitti e le incomprensioni, ma crediamo nel valore dell’incontro, della discussione e del confronto anche su ciò che resta diverso e continua a dividerci”. È quanto scrivono una quarantina di giovani musulmani e cristiani al termine della prima Summer School islamo-cristiana che si è tenuta, dal 30 agosto al 2 settembre, presso la “Casa per la pace” di Pax Christi ad Impruneta (Firenze), sul tema “Religioni e cittadinanza”. A promuoverla è stato l’Ufficio nazionale per l’ecumenismo e il dialogo interreligioso della Conferenza episcopale italiana insieme a diversi organismi associativi musulmani tra cui la Coreis Italia, la Confederazione islamica italiana e l’Ucoii. Il programma ha alternato momenti d’incontro molto diversi tra loro: sessioni di lavoro e approfondimento in sala sui temi della cittadinanza, il ruolo delle religioni, la pace e la giustizia sociale. Laboratori interattivi, spettacoli teatrali e proiezione di un docu-film. Ma anche intensi momenti di preghiera, condivisi ma non sincretici, tra credenti. “Accanto alla riflessione accademica – scrivono i giovani facendo un bilancio dell’esperienza vissuta – è stato prezioso coltivare la preghiera, la convivialità e l’amicizia, il ragionare insieme su situazioni concrete e fare i conti anche con le nostre reazioni emotive ai problemi posti”.

“Tutto ciò che abbiamo vissuto chiede di essere custodito e trasmesso, e con questa convinzione confidiamo in ulteriori proposte, specie se indirizzate alle realtà locali del nostro Paese”.

Obiettivo dell’iniziativa – spiegano all’Ufficio Cei – è “consolidare relazioni di amicizia e dialogo tra musulmani e cristiani” e “formare i giovani ai temi della cittadinanza, dei valori costituzionali e della convivenza in un contesto pluralista”. A dare il benvenuto ai partecipanti – per lo più universitari, di età sopra i 25 anni e scelti per il loro impegno associativo nel locale – sono stati il cardinale Giuseppe Betori arcivescovo di Firenze e l’imam della città Izzedine Elzir. “Abbiamo bisogno – ha detto Betori – di maggiori relazioni tra noi. Se ci conosciamo meglio, possiamo anche comprendere che i motivi di unione sono molti di più di quelli della diversità e che gli stessi motivi di diversità hanno una funzione ermeneutica per la conoscenza di noi stessi”.

“Nel rispecchiarmi nell’altro e nelle sue diversità, io riscopro anche le ragioni di me stesso”.

“I giovani – afferma al Sir don Cristiano Bettega, direttore dell’Ufficio Cei – esprimono innanzitutto l’esigenza di essere ascoltati e chiedono che la cittadinanza, nel nostro Paese, sia sempre più declinata al plurale. Non capiscono perché i diritti degli uni non debbano essere garantiti anche agli altri. Perché ci debbano essere, soprattutto tra i giovani, cittadini di serie A e cittadini di serie B. Sono giovani nati e cresciuti in Italia. Parlano tutti con uno spiccato accento regionale. È il volto nuovo dell’Italia di oggi che è diversa e decisamente più colorata rispetto a quella che viene sbandierata. E a chi oggi dice, ‘prima gli italiani’, bisognerebbe chiedere chi sono gli italiani a cui fa riferimento”.

Rosanna Sirignano, della Confederazione islamica italiana, sottolinea “il grande valore dell’incontro personale, per nulla scontato in un momento, come quello odierno, in cui si ha sempre meno tempo per le relazioni interpersonali e dove la comunicazione ha perso il valore dell’incontro faccia a faccia, viaggia sempre più nel virtuale ed è limitata al commento e al ‘mi piace’”. Alla Summer School i giovani – accompagnati da teologi – si sono anche interrogati su come da credenti si rapportano allo spazio sociale e su come la fede può contribuire a costruire il tessuto sociale e culturale di un Paese. “Ai responsabili politici – incalza Rosanna – chiediamo due cose: la prima è di aderire alla realtà, tenendo conto che è molto più complessa rispetto a quanto si pensa. Anche l’Italia è un insieme di elementi culturali e religiosi che nella storia si sono intrecciati. Diversità che, anziché essere un problema, sono e devono essere vissute come una ricchezza”.

“L’altra cosa che chiediamo è di essere consapevoli della pericolosità di ogni banalizzazione e semplificazione che, purtroppo, i social favoriscono divulgando, senza possibilità di riscontro e verifica, falsità e bugie”.

Per questo, “ai nostri coetanei diciamo di non appiattirsi su un unico mezzo e di trovare altre fonti d’informazione che non siano solo facebook e tv”.

L’iniziativa della Summer school sarà sicuramente riproposta, “anche e speriamo a livello territoriale”, dice Claudia Sanaa Pizzuti, responsabile nazionale dei giovani della Coreis. “È stata una iniziativa nuova e originale – aggiunge – che ha coinvolto giovani credenti con diversi percorsi di studio e di provenienza. Diverse anche sigle islamiche coinvolte, che hanno quindi dato l’immagine di un Islam autoctono, italiano e dialogante”.

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