Paolo Bustaffa

La processione per san Calogero, patrono di Agrigento, si stava svolgendo nell’estate 2009 in un clima di tensioni per l’arrivo sulle coste della Sicilia, Lampedusa compresa, di persone dalla pelle nera in fuga da guerre, fame, schiavitù.
L’arcivescovo di Agrigento, oggi cardinale, mons. Francesco Montenegro prese la parola: “Oggi diremmo che (san Calogero) è arrivato nella nostra terra senza permesso di soggiorno, con pochi soldi in tasca. Per cui è vissuto di carità, aiutato dalla buona gente di allora. È vissuto così nella preghiera e disponibile, nonostante la sua pelle nera, ad aiutare i fratelli bianchi che lo avvicinavano. Se è così, per coerenza con le leggi di oggi, dovremmo smettere di fare festa, togliere il simulacro di san Calogero dall’altare e cacciarlo assieme a tutti coloro che non hanno la nostra nazionalità, perché probabilmente è da considerare un clandestino”.
A distanza di 9 anni il cardinale Montenegro, in un’intervista rilasciata a un quotidiano nazionale, riflette sull’allineamento di non pochi cattolici alle misure che hanno creato il caso triste della nave “U. Diciotti”: “Dico – ha affermato – che certe reazioni al di là dei sondaggi indicano che il Vangelo non è più o non è ancora il navigatore delle nostre vite. E che nelle parrocchie oltre ai riti e alle devozioni dobbiamo dar spazio alla Parola e all’annuncio. Per accorgerci che mai il fine giustifica i mezzi e dunque mai la volontà legittima di modificare le norme sull’immigrazione o il gestire i flussi migratori può giustificare che si giochi sulla pelle delle persone”.
C’è in queste parole, come in altre ascoltate nei giorni d’agosto, un richiamo alla coscienza.
Un monito che ha incontrato il più delle volte un segno di respingimento ma anche un segno di condivisione da parte di chi osserva e giudica la realtà con onestà intellettuale.
Lo stare con amore nella storia ha nel Vangelo radici generatrici di giustizia e di pace, si snoda sulle strade dell’umano, cammina verso orizzonti dove l’incontro delle diversità è risorsa e bellezza.
Questa la prospettiva che, fin dai territori dove vivono, i cristiani sono chiamati a coltivare con i linguaggi laici della cultura e della politica.
Questa la responsabilità che in una stagione complessa i cristiani sono chiamati ad assumere in coerenza con il Vangelo e con la competenza laica che la politica esige.
Fino a quando giustificare, con un elenco di “però”, un elenco di misure povere e prive di dignità culturale e politica? Cosa fare di san Calogero?

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