“La priorità è trovare lavoro per i giovani. Per loro avere una casa senza un lavoro non è sufficiente”. Lo ha detto padre Georges Jahola, sacerdote della diocesi di Mosul, Kirkuk e Kurdistan per i Siri cattolici, intervenendo stamani al Meeting di Rimini, al convegno “La ricostruzione e il ritorno dei cristiani a Qaraqosh”. Padre Jahola ha realizzato nei mesi scorsi un censimento delle case nella città in cui vivono soprattutto cristiani, dopo il ritorno dei profughi. “Ne abbiamo registrate settemila e poi abbiamo fornito i dati alle organizzazioni per aiutarci nella ricostruzione. Nell’ultimo anno sono rientrati 26mila abitanti. Quando non siamo riusciti a sistemare le famiglie nelle loro case, abbiamo trovato per loro soluzioni alternative”. Per la ricostruzione il sacerdote ha ricordato l’importanza del contributo delle ong, mentre “nessuno Stato europeo ha contribuito”. Tra le organizzazioni impegnate sul posto, Avsi che ha seguito lo spostamento da Qaraqosh a Erbil dei bambini che frequentavano un asilo e poi il ritorno, accompagnandoli per tre anni. Un’iniziativa alla quale ne seguirà un’altra al via da settembre per dare lavoro ai giovani. “In due anni vogliamo riattivare 110 aziende familiari che si occupino di agricoltura e allevamento, che erano prima della guerra la principale fonte di sostentamento per le persone del luogo – ha spiegato Edoardo Tagliani, coordinatore delle attività Avsi in Iraq -. Bisogna ricostruire un sistema produttivo, riattivando i pozzi che non funzionano e i sistemi di irrigazione. Con diversi soggetti della comunità locale realizzeremo una cabina di regia per sviluppare gli interventi”.

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