Diego Pancaldo

Simone ha trent’anni e ha una disabilità fisica che lo porta a stare ormai da molti anni permanentemente in carrozzina. Anche lui ha frequentato la scuola ed è stato seguito dagli operatori della Maic, e da catechisti della Comunità Maria Madre Nostra. Simone non parla, ma con il suo sguardo e il suo sorriso, con l’espressione del suo volto e i suoi gesti, dimostra di capire molto bene quello che viene detto o fatto intorno a lui. Ricordo la mia gioia anni fa, al soggiorno estivo della nostra Fondazione, quando ricevette la Prima Comunione, dopo essere stato preparato a lungo dalle sue catechiste.

Il mare è un luogo prezioso per Simone, che ama fare il bagno e stare in compagnia con altri giovani. Quest’anno però non era possibile entrare in acqua. Nella scorsa estate, infatti, Simone è stato malato molto gravemente ed ha trascorso più di due mesi in terapia intensiva all’ospedale di Pistoia. Alcuni medici avevano prospettato tristi scenari alla sua mamma Fiammettta: che mai avrebbe più potuto respirare da solo, non avrebbe più potuto uscire da casa, e altro. Ma Fiammetta si è fatta intendere con molta chiarezza e ha difeso con determinazione e coraggio la vita di Simone. Poi Simone è guarito, è tornato a casa e per lunghi mesi è rimasto senza poter uscire, sempre con la sua mamma accanto, giorno e notte. Infine, un giorno la sua respirazione migliorava: la mamma lo ha riabituato frequentemente a stare anche senza il respiratore. Ora infatti, ne ha bisogno solo per brevi periodi.

Simone era contento quando gli portavo la comunione a casa. Potevo dargli solo un piccolo frammento d’ostia, ma di fronte all’Eucaristia ritrovavo sempre quel sorriso gioioso che mi aveva colpito anni prima e che ritrovavo anche adesso, in una situazione così difficile da vivere.

Insieme pregavamo la Madonna, così come tante volte avevamo fatto tutti insieme durante i pellegrinaggi ai santuari mariani. Poi è arrivata l’estate e Simone, molto migliorato, ha potuto tornare al mare a Marina di Massa, insieme alla mamma e agli altri giovani volontari. Lo ha aiutato particolarmente una giovane universitaria, Irene, che da anni conosce Simone e lo segue durante il soggiorno estivo. Ci parla, ci gioca, gli spinge la carrozzina, soprattutto durante quelle serate danzanti in cui persone con disabilità e giovani volontari animano momenti di grande festa, autentica festa insieme. Quest’anno durante quelle serate, Simone, quando guardava il pubblico presente, era ancora più luminoso, raggiante, trascinante. Lo era anche per i suoi amici, per la sua mamma. “Il Signore muta il lamento in danza”, e fa scoprire a tanti giovani che si avvicinano ai nostri ragazzi disabili che

la via dell’amore che si dona è la via della gioia, quella vera, quella che ti riempie dentro.

Lo scambio dei doni tra giovani con e senza disabilità mi appariva lampante. Perché infatti tanti studenti liceali e universitari chiedono di vivere con i giovani e con gli altri ragazzi del Centro le loro vacanze? Perché Irene quest’anno è venuta a fare il suo servizio a Simone nonostante il giorno dopo la fine del turno estivo abbia dovuto sostenere un importante esame all’università? Forse perché una paradossale bellezza si manifesta in Simone e negli altri ragazzi, soprattutto i più gravemente colpiti, e attira il cuore, muovendolo alla danza.

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