Paolo Bustaffa

“Abbiamo un bisogno disperato anche delle competenze che provengono dal mondo umanistico e dalle realtà che subiscono le conseguenze della tecnologia”. A lanciare l’appello è Kate Crawford, docente alla New York University e ricercatrice Microsoft che partecipa in questi giorni a un meeting scientifico a Milano.
Nel dibattito sul destino dell’uomo di fronte all’innovazione tecnologica e al rapido sviluppo dell’intelligenza artificiale si levano interrogativi proprio da chi è immerso in una ricerca che si spinge oltre confini fino a pochi anni addietro ritenuti insuperabili.
È un segno positivo a conferma che di fronte all’irruzione delle “macchine pensanti” nella vita umana qualcuno che è sulla frontiera avanzata della scienza e della tecnologia, cerca un’alleanza con l’umano che non rallenti la ricerca in questi ambiti ma la aiuti a non smarrirsi in un’orgogliosa presunzione.
Nessun ricercatore vorrebbe correre il rischio di diventare un apprendista stregone che subisce gli effetti della conquista scientifica invece che valorizzarli orientandoli al bene dell’umanità.
Nessuno vuole essere il responsabile del percorso di una “disumanità dolce” provocato dal potere delle macchine. Ed ecco allora che la ricercatrice e insegnante universitaria Kate Crawford suggerisce tre passi: “Primo, analizzare gli impatti complessivi dell’Intelligenza Artificiale, dalla sanità alla giustizia. Secondo, alimentare un dibattito pubblico su come usare o non usare questa tecnologia. Terzo, stimolare politiche rigorose in modo da rendere i sistemi dell’Intelligenza Artificiale più affidabili e quindi controllabili”.
È interessante che tutto questo venga raccontato sempre più sui media cercando con loro un’alleanza perché l’opinione pubblica sappia, rifletta, esprima un pensiero.
Il messaggio è chiaro: il pensiero scientifico e il pensiero tecnologico hanno bisogno urgente di connettersi con il pensiero umanistico per non cadere nella spirale dell’onnipotenza.
L’uno non può fare a meno dell’altro nel cammino sulle strade che portano agli orizzonti di senso e di felicità.
In questa prospettiva si pone la scelta dei media, di molti giornali generalisti, di dare spazio a temi che non sono di competenza esclusiva di riviste scientifiche peraltro sempre più diffuse.
Le questioni aperte dalle conquiste scientifiche e tecnologiche sono troppo importanti per lasciarle solo agli esperti e agli appassionati.
Tocca anche alla politica, rimasta troppo distante da queste frontiere, prendere la parola di fronte all’irruzione delle “macchine pensanti” nella vita delle persone e delle comunità.

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