Mai come quest’anno le polemiche contro l’Insegnamento della Religione Cattolica (irc) sono state così intense ed aspre. Sembra a tal proposito necessaria una riflessione. Se si naviga nella rete cercando qualcosa sulla nostra materia, si troverà una miriade di articoli contraria alla presenza dell’irc nella scuola. Pochi i contributi di segno opposto. Mi è capitato spesso di fare presente questo fatto a diversi colleghi, i quali mi hanno risposto in modo diverso. C’è chi ha notato che le polemiche ci sono state e sempre ci saranno. Altri che ritenevano inutile una risposta che inevitabilmente avrebbe alimentato la polemica. Altri ancora che erano preoccupati di dare risalto e visibilità a coloro che sono contrari all’irc.

Con tutto il rispetto per coloro che mi hanno espresso queste posizioni, io mi permetto di non essere d’accordo. Se è vero che le polemiche contro la presenza dell’irc a scuola ci sono sempre state, è altrettanto vero che ci sono sempre state anche delle motivazioni per sostenerlo! Non capisco neppure coloro che sono preoccupati di alimentare le polemiche: i docenti di religione si trovano in mezzo a delle polemiche agitate dal solito fronte laicista, minoritario, ma molto chiassoso. Non sono certo gli insegnanti di religione a volere questa situazione e poi non si tratta di fare polemica, ma di rispondere ragionevolmente e con stile ad affermazioni spesso approssimative – se non del tutto erronee – sulla nostra materia, sul nostro ruolo all’interno della scuola e sulla nostra professionalità. Infine, perché dovremmo preoccuparci di dare risalto al fronte che è ostile all’irc? Se Sant’Ireneo di Lione fosse stato animato da una simile preoccupazione non avrebbe mai scritto il trattato Contro le eresie. Se San Tommaso d’Aquino non fosse addirittura partito dal pensiero di chi era ostile alla Chiesa oggi non avremmo quel gioiello che è la Summa. Insomma, anche le circostanze avverse possono essere occasione per far conoscere la nostra disciplina e le sue finalità didattiche. In questo possiamo anche essere animati, come credenti, dalla parole della Sacra Scrittura: “Siate sempre pronti a rispondere a chiunque vi domandi ragione della speranza che è in voi. Ma questo sia fatto con dolcezza, rispetto e retta coscienza” (1 Pt 3,15-17).

Prima di chiudere vorrei fermarmi su un’ultima osservazione che mi viene rivolta. Non sono pochi i colleghi che dicono che basta fare bene il proprio lavoro in classe per risolvere ogni problema. Anche davanti a questa posizione mi trovo molto perplesso. Questo sicuramente è il presupposto indispensabile, ma non basta. Poiché le obiezioni alla nostra materia e le offese alla nostra categoria sono mosse su spazi pubblici, anche la nostra risposta deve essere pubblica.

Quando leggiamo su giornali a tiratura nazionale notizie false come ad esempio quella che il nostro voto non è determinante ai fini della promozione o della bocciatura di un alunno, è nostro diritto, prima che dovere, scrivere al giornale in questione per chiedere il diritto di replica. Per fare conoscere il nostro quotidiano impegno e lavoro abbiamo a disposizione la stampa cattolica, sia a livello nazionale che a livello diocesano. Non dobbiamo avere timore di adoperare gli strumenti della comunicazione sociale. Anzi, io credo che da come ci muoveremo nei prossimi anni potremo verificare se siamo pienamente inseriti nel mondo moderno oppure se ci consideriamo ancora timorosi e succubi di una certa cultura ostracizzante. Siamo a pieno titolo membri della società e pertanto non dobbiamo avere remore ad intervenire nel dibattito pubblico offrendo il nostro specifico contributo. Non siamo un corpo estraneo e in una società che si vanta di essere plurale ed accogliente ci deve essere spazio anche per noi.

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