Giovanni M. Capetta

“L’invidia è una tristezza per il bene altrui che dimostra che non ci interessa la felicità degli altri, poiché siamo esclusivamente concentrati sul nostro benessere” (AL 95). Queste parole con cui il Papa definisce il sentimento dell’invidia saremmo portati a collocarle fuori dal contesto famigliare, quasi che esso ne sia o ne debba essere esente. Invidia brutta bestia, subdola e silenziosa, si insinua nelle pieghe del cuore, come la gelosia, sua sorella, e scava nel nostro intimo fino ad affiorare talvolta in atti di violenza. Vorremmo poter dire che le nostre famiglie sono dotate di una speciale pellicola protettiva che le distingue nettamente da quelle tristemente protagoniste di molta cronaca nera. Rppure, con i dovuti distinguo, ma con onestà dobbiamo riconoscere che anche il nostro amore può essere intaccato dal virus dell’invidia. Potremmo domandarci se siamo riusciti ad essere sinceramente entusiasti di quella vacanza esotica che i vicini ci hanno voluto raccontare, o della casa dei cugini in cui ci sentiamo tanto piccoli quanto è grande… E ancora avere il coraggio di dirci se non ci sia mai successo di non riuscire a gioire pienamente per il lavoro che la moglie ha trovato e che così fortemente la gratifica, pur sottraendole tempo all’accudimento dei figli. Di fatto la parità di genere in ambito professionale impone una generosità di fondo che sappia appunto godere dei successi altrui e nel contempo accetti una più equa distribuzione dei compiti. Ma anche lontano dal mondo del lavoro, basta che uno dei due coniugi sia più intraprendente nelle relazioni, più brillante e socievole dell’altro e un sottile dolore può provare chi si sente trascurato e automaticamente geloso magari non di qualcuno in particolare, ma piuttosto di uno stato, di una condizione di maggiore visibilità fuori dal nucleo famigliare. E i figli? Un noto psichiatra ama dire che anche in una famiglia numerosa ogni figlio dovrebbe potersi sentire come figlio unico, “preferito”, ma poi la giornata è fatta sempre dello stesso numero di ore e chiedo a chiunque abbia più di due eredi se non gli sia capitato di cercare di sedare le gelosie più plateali fra fratelli. Gelosia ed invidia del tempo che i genitori dedicano all’uno o all’altro, gelosia di attenzioni, parole, abbracci e a voglia a cercare di ritagliarsi “momenti speciali” per ciascuno! Ben due comandamenti ci spronano a combattere il desiderio di ciò che non è nostro, ma quando si è in famiglia nessuno può dire di non essere dell’altro, di non appartenergli eppure anche nell’amore di coppia e famigliare possiamo crescere ancora una volta in quella che con una parola si chiama gratuità. Non me ne viene niente di questa tua felicità, ma sono felice di vederti così perché ti amo e non è vero che “mal comune mezzo gaudio”, quanto piuttosto che “mal de todos mal de tontos” e che invece di tirar giù quelli che stanno più in alto possiamo aggrapparci alla stessa corda di chi sale e arrivare insieme in cima alla vetta.

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