Gianni Borsa

I dati macroeconomici volgono al bello, in alcuni Paesi – Germania, Paesi Bassi, Repubblica Ceca – la disoccupazione è ai minimi storici, tra i consumatori torna la fiducia e le borse della spesa si riempiono, gli imprenditori ricominciano a investire. Non è una favola, ma il racconto in prosa delle “Previsioni economiche di primavera” rese note dalla Commissione Ue il 3 maggio. Certo, avverte il commissario Pierre Moscovici, “non si può abbassare la guardia, mentre sarebbe saggio sfruttare la fase espansiva per procedere a riforme strutturali” per mettere al sicuro mercati, imprese e posti di lavoro per futuri momenti di magra. Che sono sempre dietro l’angolo. Mentre per quei Paesi in cui i numeri sono meno confortanti – Grecia, Spagna, Italia, Croazia, Regno Unito – occorre reagire, con misure capaci di rilanciare investimenti, innovazione, produzione, consumi.

“Servono riforme”. “Grazie agli sforzi compiuti, la crisi è finalmente alle spalle”, afferma Moscovici, sorridente, sventolando il documento previsionale. “Abbiamo tassi di crescita e di occupazione pre-crisi. Tutti gli Stati della zona euro sono sotto il 3% per quanto riguarda il deficit”, e si profilano gli stessi risultati per il 2019. “È chiaro però che, anche in relazione ai rischi esterni”, fra cui il protezionismo americano,“non è il momento di riposare sugli allori”. Bisogna puntare su “politiche e riforme per rafforzare la crescita”, a partire dalla formazione dei giovani, la ricerca, il digitale.Moscovici, cui è affidato il portafoglio degli affari economici, illustra numeri e tabelle e sostiene che i tassi di crescita dell’Ue28 e della zona euro (19 Stati che adottano la moneta unica) superano le aspettative. Eurolandia e Ue28 nel 2018 cresceranno al ritmo del 2,3%. Ma, analizzando Paese per Paese, afferma: “La Germania (+2,3% quest’anno, 2,1 nel 2019) procede nella media Ue, con il sostegno della domanda interna. Bene anche la Francia (2,0%), con un export in espansione; l’Italia cresce, ma solo all’1,5%” (1,2 nel 2019), fanalino di coda nell’Unione assieme al Regno Unito, che comincia a pagare il conto del Brexit. “Bene la Spagna, nonostante una lieve decelerazione”. E poi ci sono Pil da record: l’Irlanda cresce al 5,7%, la Slovenia al 4,7, la Romania al 4,5, seguita dalla Polonia con un Pil che segna un più 4,3%. Dati che non dicono tutto, ovviamente, specie riguardo al tenore di vita, ai salari, alla protezione sociale e previdenziale… Ma dicono molto.

Debito pubblico. “I consumi privati sono ancora forti e nel contempo le esportazioni e gli investimenti hanno registrato un aumento”, stando alle Previsioni. “La disoccupazione continua a calare e si attesta attualmente attorno ai livelli precedenti alla crisi”: eppure ci sono diversi Paesi in cui il mercato del lavoro punisce giovani e donne, come accade in alcuni Paesi mediterranei. Senza trascurare il fatto che “l’economia è più esposta a fattori di rischio esterni, che sono divenuti più incisivi e sfavorevoli”.La crescita, definita “robusta”, favorisce un’ulteriore riduzione dei livelli di disavanzo e di debito pubblico, ma anche in questo caso i distinguo sono necessarinell’Europa a più velocità: mentre a livello Ue la percentuale di debito pubblico sul Pil è attorno all’80%, in Grecia è al 177%, in Italia al 130, in Portogallo al 122, a Cipro al 105, in Belgio al 101, in Spagna al 97, in Francia al 96.

Rischi e… prudenza. Il vicepresidente dell’esecutivo, responsabile per l’euro e il dialogo sociale, Valdis Dombrovskis, commenta con prudenza: “L’espansione economica in Europa dovrebbe proseguire a ritmo sostenuto quest’anno e l’anno prossimo, favorendo la creazione di posti di lavoro. Tuttavia vediamo maggiori rischi all’orizzonte. Per questo occorre sfruttare l’attuale congiuntura favorevole per rendere le nostre economie più resilienti. Ciò significa creare riserve di bilancio, riformare le nostre economie per stimolare la produttività e gli investimenti e far sì che il modello di crescita diventi più inclusivo. Inoltre è necessario rafforzare le basi dell’Unione economica e monetaria”.

Mercato del lavoro. Se i grandi numeri sembrano dare ragione ai commissari, chi è senza lavoro, chi ha perso reddito e sicurezza sociale negli anni della crisi ha però tutte le ragioni ad essere scettico. “La disoccupazione recede e si attesta attualmente attorno ai livelli precedenti la recessione” comparsa nel 2008, stabilisce la Commissione. Nell’Unione “la disoccupazione dovrebbe diminuire, passando dal 7,6% nel 2017 al 7,1% nel 2018 e al 6,7% nel 2019. Nella zona euro dovrebbe scendere dal 9,1% nel 2017 all’8,4% nel 2018 e al 7,9% nel 2019”.Quindi una osservazione che rimanda all’Europa come grande mercato unico, in cui la mobilità dei lavoratori, specie giovani, non dovrebbe essere considerata “fuga dei cervelli”: “mentre in alcuni Stati membri la disoccupazione è ancora elevata, in altri diventa sempre più difficile coprire i posti di lavoro disponibili”.

Protezionismo all’orizzonte. Ma quali sono i rischi esterni prospettati dagli economisti di Bruxelles? “Sul piano esterno, la volatilità dei mercati finanziari registrata negli ultimi mesi è destinata – si legge nel documento previsionale – a diventare una caratteristica più costante in futuro, aumentando l’incertezza. Lo stimolo di bilancio prociclico degli Stati Uniti dovrebbe potenziare la crescita a breve termine, ma anche aumentare il rischio di surriscaldamento e la possibilità di un aumento dei tassi di interesse negli Stati Uniti più rapido di quanto attualmente previsto”. Inoltre, un “aumento del protezionismo commerciale presenta un rischio chiaramente negativo per le prospettive economiche mondiali”.

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