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Scuola cattolica visita una moschea. È polemica

La Nuova Bussola Quotidiana, la testata che in questi giorni ha svolto un grande e meritevole servizio per informare il pubblico italiano sulla vicenda di Alfie Evans, si è occupata in questi giorni della visita da parte degli alunni di una scuola cattolica di Caltanissetta alla locale moschea. Scrive il giornale on line: “Bambini delle elementari seduti sui tappeti di una moschea. Succede a Caltanissetta dove una 60ina di studenti di una scuola cattolica, L’Oasi Cristo Re, è stata accompagnata dalla direttrice della scuola, una suora e da due docenti a visitare la locale moschea”.

Quello che ogni scuola, statale o cattolica, dovrebbe fare è aprire gli occhi sulla realtà che ci circonda e in tal senso si è mosso l’istituto di Caltanissetta. È infatti innegabile che la presenza di tante persone di fede musulmana nel nostro Paese implichi da parte nostra una necessaria conoscenza (come coloro che sono musulmani sono tenuti a conoscere la principale religione diffusa in Italia, le nostre tradizioni, ecc.). Tutto questo invece viene visto con circospezione dall’autore dell’articolo, secondo il quale “ciò che si fatica a cogliere in questa iniziativa è l’accettare sic et simpliciter che la conoscenza passi per forza dal mescolamento delle identità”.

Tale mescolamento, nella ricostruzione del giornalista Andrea Zambrano, sarebbe avvenuta poiché gli alunni si sono tolti le scarpe per entrare in moschea e questo sarebbe non “un gesto di bon ton, ma di un rituale di sicuro impatto che prelude ad un’attività di culto su un terreno che è considerato sacro e inviolabile nel nome dell’Islam”.

Ci sembra che il giornalista abbia preso un abbaglio, poiché proprio di un atto di bon ton si tratta: anche noi cattolici chiederemmo a un musulmano di togliersi il cappello in chiesa. Si tratta di usi e costumi che ogni religione ha e che necessariamente vanno rispettati entrando in un luogo di culto. Lo stesso gesto è stato compiuto sia da Benedetto XVI che da Papa Francesco quando sono entrati in una moschea. Dunque nessun mescolamento o sincretismo poiché, come rilevato dallo stesso Zambrano, non è stata fatta alcuna preghiera.

Conclude il giornalista: “Ovviamente, senza dirlo, ma il messaggio finale per i bambini è il solito di stampo relativista: noi abbiamo la nostra religione e loro hanno la loro. Nessuna di queste deve avere la pretesa di essere quella vera”. Se è vero che la nostra società in genere subisce gli effetti del multiculturalismo e del relativismo, davvero non si può ravvisare nell’iniziativa della scuola siciliana nulla del genere.

Alle repliche teoriche, vorrei far seguire quella della mia esperienza personale. Insegnando Religione Cattolica nella scuola media, organizzo per ogni classe due uscite all’anno in chiese che hanno particolare valore artistico. L’uscita è aperta anche agli alunni musulmani che non si avvalgono dell’Insegnamento della Religione Cattolica. In tanti anni che insegno, non mi è mai capitato di avere un alunno musulmano che si sia rifiutato di entrare in una chiesa cattolica e che non abbia partecipato a queste iniziative. Ricordo in particolare un anno in cui una collega di lettere iniziò un piccolo sermone verso un alunno musulmano dicendo più o meno così: “Guarda Alì, tu puoi venire in una chiesa cristiana, perché noi non andremo a pregare, ma a fare una visita di carattere culturale, come io che sono cristiana potrei venire nella moschea per conoscere la tua religione. Non è un peccato. Mi capisci?”. Sorprendente la risposta del ragazzo: “Guardi Professoressa che la scorsa settimana sono stato a Padova con mio padre e insieme abbiamo visitato molte chiese!”. Certo, questo esempio non significa che non ci siano problemi di convivenza, non bisogna finirla a tarallucci e vino, però neppure bisogna essere esasperati in certi ragionamenti. Bisogna guardare la realtà in faccia e giudicare caso per caso. Per rispondere all’ultima osservazione di Zambrano, se siamo certi della verità della nostra religione, non dobbiamo temere alcun confronto.