Alfie Evans, il piccolo di Liverpool affetto da una gravissima malattia degenerativa, è morto. A darne la notizia sono stati i genitori Thomas e Kate dal loro profilo facebook. Il piccolo è spirato alle 2.30 di stanotte. Dunque Alfie è morto. O meglio è stato ucciso. Sì, ucciso. Perché dobbiamo avere il coraggio di chiamare le cose col loro vero nome. Alfie è stato ucciso dalla sentenza di un giudice che, novello Erode, ha deciso la sua fine. Giudice di uno Stato che ha abdicato al suo dovere primario: quello di difendere i più deboli. Nei giorni scorsi infatti, per effetto di una sentenza del tribunale inglese, ad Alfie è stato staccato il ventilatore. Alfie ha continuato a respirare autonomamente per molte ore. Possiamo comunque ipotizzare che il suo decesso sia una diretta conseguenza di quanto stabilito dalla legge, nel cuore della notte di pochi giorni fa, per evitare ogni clamore dell’opinione pubblica che si è mobilitata in difesa del diritto alla vita. Ha vinto quella che Papa Francesco ha denunciato come la “cultura dello scarto”: coloro che non rispettano certi standard, livelli più che elevati di qualità della vita, non hanno diritto ad essere curati e a sopravvivere. Secondo la logica del mondo, devono essere scartati. È una visione bruta e disumana, la drammatica applicazione di una logica darwinista che, lungi dall’essere soltanto una teoria scientifica, ridisegna una Weltanschauung nella quale solo i più forti e sani meritano di vivere. Torna in auge una visione dell’essere umano che speravamo tramontata con la caduta della Germania nazista, dove fatti del genere si sono ripetuti, purtroppo, migliaia di volte. Deve essere chiara a tutti noi quale sia la logica che si sta imponendo: se a Dj Fabo, in nome della libertà di autoderminazione, è stato concesso di essere portato in Svizzera per poter praticare l’eutanasia, ad Alfie, in nome dello stesso principio, non è stato concesso di potersi trasferire in Italia per essere curato. La sentenza, senza nessun rispetto né per lui, né per il dolore dei sui genitori, ha definito la sua vita “inutile” e ha deciso che il suo maggior interesse è quello di morire. Dunque il principio non è quello della libera scelta, ma quello della morte che può essere “liberamente” richiesta o somministrata per sentenza di un tribunale. Il malato non deve sopravvivere: è un costo per la sanità. Inutile ogni tentativo del padre: pochi giorni fa si è recato da Papa Francesco e ha scritto anche alla Regina Elisabetta, ma nulla purtroppo ha potuto bloccare la ferrea “giustizia” inglese. Neppure il ricorso alla Corte Europea dei Diritti dell’Uomo, a dispetto del nome che porta, è riuscito nel tentativo di salvare la vita di Alfie. Neppure l’interesse del nostro Paese per accogliere Alfie e curarlo è riuscito a salvarlo: per lui si erano mobilitati sia il governo che gli aveva concesso la cittadinanza italiana, sia l’ospedale pediatrico Bambin Gesù che si era offerto di accoglierlo

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2 commenti

  • Mario vagnoni
    28/04/2018 alle 10:13

    Condivido tutto quello che è stato scritto in questo articolo. Sono fiero di essere italiano e ringrazio Dio che sono nato in Italia dove ancora c' è una cultura della vita.

  • Mario vagnoni
    28/04/2018 alle 10:22

    In questi giorni ho pregato tanto per Alfie e mi sono sentito vicino ai suoi giovani genitori pur non conoscendoli di persona. La mia terza figlia ha la stessa età di Alfie e posso capire che cosa un genitore farebbe per provare nuove cure che in Inghilterra sono state negate. Anche ha scuola ho dedicato una lezione nelle classi terze primarie, parlando di Alfie e educando alla cultura della vita miei alunni, per rispettare il 5 comandamento : Non Uccidere. Che il sacrificio di Alfie ci aiuti ad amare la vita, anche quella malata.

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