“Non possiamo sognare una comunità Rambo fatta di supereroi con qualità eccezionali, ma neanche una comunità di zombie che destano timore”. Lo ha detto il vescovo di Modena-Nonantola mons. Erio Castellucci, intervenendo al convegno nazionale dei direttori e collaboratori degli Uffici catechistici diocesani, a cura dell’Ufficio Cei e aperto oggi nella città di san Francesco. “La porta per qualsiasi cammino è l’accoglienza che non vuol dire relativismo. Una comunità è feconda nella misura in cui si rende ospitale. Non è destinata a scegliere tra l’accoglienza di Dio e degli uomini perché il Signore si presenta nelle sembianze umane”, ha aggiunto il presule che ha messo in guardia dal rischio dell’“aridità”, che si verifica “quando subentrano relazioni sospettose segnate dall’interesse per il potere e la ricchezza”. Il vescovo ha ricordato poi che “le comunità cristiane vivono relazioni familiari e non aziendali”. “La Chiesa è madre e anche la prima maestra: educa al servizio, abitua i figli a rispettare gli altri con particolare cura per i fratelli bisognosi, accoglie quelli colpiti da disabilità fisiche e psichiche”. Quella auspicata è una “consapevolezza a tutti i livelli della maternità ecclesiale”. Perché “è tutta la comunità che genera alla fede: catechisti, ministri, consacrati, capi scout, educatori”. “L’integrazione fra diversi ingredienti dell’esperienza cristiana e diversi soggetti – ha sottolineato – è fondamentale, perché sono testimoni per tutti coloro che vengono iniziati alla fede”. Infine, il vescovo ha delineato le caratteristiche di una comunità che genera alla fede, parlando di “una Chiesa madre e libera”, “capace di compassione, senza lacci affettivi che sarebbero ricattatori”. Si tratta di “una Chiesa che genera quella liberà che non stringe nelle regole che essa stessa crea”, di “una chiesa che incoraggia senza appesantire”. “L’equilibrio tra affetto e libertà la caratterizza”.

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