Il partito socialdemocratico svedese ieri ha presentato, come parte del programma della sua campagna elettorale verso le elezioni del prossimo settembre, la proposta di abolire le scuole di ispirazione religiosa. Un comunicato del Partito spiega che “nessuno studente dovrebbe essere sottoposto a indottrinamento religioso” e che “la scuola dovrebbe essere caratterizzata dai valori e principi contenuti nella Costituzione”. Immediata la reazione dell’ufficio di presidenza del Consiglio delle Chiese con un intervento pubblicato stamane sul sito dello Svenska Dagbladet. Anche perché la scorsa settimana, spiega l’articolo, l’assessore all’istruzione di Stoccolma, Olle Burell, aveva annunciato che non sarebbero stati più stipulati contratti di locazione per gli operatori di scuole confessionali (religiosi), sostenendo che “le scuole private religiose contribuiscono all’isolamento e rafforzano la segregazione”. “La verità è diversa”, scrivono i leader delle Chiese: l’1% degli studenti delle scuole elementari frequenta una delle circa 70 scuole di ispirazione confessionale in cui tuttavia le attività segnatamente “religiose sono volontarie e si svolgono al di fuori degli orari previsti”, mentre il curriculum obbligatorio è sottoposto a verifiche dall’ispettorato scolastico perché “sia conforme alle indicazioni ministeriali”. Se ci sono “scuole confessionali (e non confessionali!) che non raggiungono la diversità e l’integrazione” è perché “scuole di ogni tipo possono fallire ed essere controproducenti”.
Antje Jackelén, arcivescovo della Chiesa di Svezia, il cardinale Anders Arborelius, l’arcivescovo ortodosso siriano Dioscoros Benyamin Atas, Lasse Svensson, dirigente della Chiesa ecumenica, e Karin Wiborn, segretario generale, che hanno sottoscritto l’intervento, apprezzano i “controlli di qualità da parte dell’Ispettorato scolastico”, purché siano segnati da “competenza e imparzialità. Le mancanze dovrebbero essere affrontate con richieste di miglioramento, non proibendo un intero modello scolastico”. “I valori fondamentali che tutte le scuole in base al curriculum sono tenute a trasmettere sono la sacralità della vita umana, la libertà individuale e l’integrità, l’uguaglianza, la parità tra donne e uomini, la solidarietà con i più deboli e vulnerabili”, valori “non negoziabili”, basati su convinzioni e quindi in un certo senso “confessionali”. Inoltre “una società democratica e pluralista dev’essere organizzata nel rispetto della libertà di opinione e di religione dei cittadini, compresa l’istruzione e la formazione”, si legge nell’intervento del Consiglio delle Chiese che fa riferimento alla giurisprudenza internazionale. “I capitoli più oscuri della storia europea hanno reso chiaro questo a tutti noi”.
È quindi “ingenuo” pensare che “un orientamento laico sia una garanzia e gli elementi confessionali siano indistintamente oggetto di sospetto”. “Ricacciare la religione al privato e pensare uno spazio pubblico libero dalla religione porta a una sorta di cecità collettiva”. Le Chiese invitano quindi a “un dibattito aperto” basato sulla “conoscenza e non sulle opinioni”, pena il rischio di “gettare il bambino con l’acqua sporca” e che “la società perda più di quanto ottiene”.

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