Alberto Campoleoni

Social sotto accusa nel mondo della scuola. In particolare, pare che il nuovo contratto metta in discussione l’uso dei “canali social” per l’interazione tra insegnanti e studenti. Non solo. Vi sarebbe l’indicazione di limitare l’interazione tra docenti e studenti alle sole informazioni di servizio e alle interazioni strettamente necessarie per l’attività scolastica, di insegnamento. E per far questo bisognerebbe usare solo gli strumenti “ufficiali” messi a disposizione dagli istituti scolastici, le piattaforme – con animatore digitale – messe in opera dalle scuola.
Perché queste indicazioni? E soprattutto: si tratta di percorsi percorribili realmente?
Alla prima domanda si può rispondere, tra l’altro, rifacendosi a una certa diffidenza verso i canali social da parte del mondo adulto. Diffidenza alimentata anche da fatti di cronaca che colpiscono l’immaginario collettivo. È il caso, tra gli altri, della recente vicenda romana che ha visto un insegnante accusato di abusi nei confronti di una studentessa, con la quale anche chattava insistentemente. Diversi commentatori hanno puntato il dito sulle “amicizie virtuali”, sottolineandone i rischi e le ambiguità. E in effetti non si può non guardare se non con sospetto, certamente con attenzione, rapporti asimmetrici – come sono quelli tra adulti e ragazzi, docenti e studenti – “trascinati” su un terreno che, per sua natura, è propenso a mettere tutto e tutti sullo stesso piano. Su Facebook, WhatsApp, piuttosto che Telegram, Instagram e chi più ne ha più ne metta, le distanze si azzerano e non solo quelle fisiche. Siamo tutti nello stesso posto (virtuale) e sullo stesso piano. A meno che… E qui sta il nodo: chi usa, da adulto e a maggior ragione da insegnante e da educatore, gli strumenti offerti oggi dalla comunicazione online, deve esercitare un supplemento di responsabilità, che porta a non dismettere il proprio ruolo, nonostante il mezzo inviti a farlo. Il problema dell’amicizia virtuale tra docenti e allievi non sta nel canale scelto, ma nell’eventuale, possibile, fraintendimento dei ruoli reciproci. Di conseguenza, in rapporto ai social, la questione decisiva che riguarda gli adulti e gli insegnanti in particolare, sta nella conoscenza e nella preparazione. Conoscere e saper usare i mezzi digitali è una “skill” ormai imprescindibile per la professione docente.
Alla seconda domanda la risposta è più semplice: è impensabile poter arginare, oggi, le possibilità offerte da internet, comprese quelle legate ai rapporti virtuali. Quindi torniamo al tema della responsabilità educativa: questa va implementata, senza pensare che improbabili divieti e ancora più improbabili sanzioni possano restituire scenari “sicuri”. Non che le regole non servano. Ma è ben chiaro che, anche un recinto di regole rigorose non può delimitare un territorio per sua natura fluido. Ed è altrettanto chiaro che l’attenzione educativa e la consapevolezza del proprio compito non solo sono le uniche garanzie per evitare derive ambigue e pericolose nei rapporti tra adulti e ragazzi (rapporti virtuali ma anche reali) ma sono addirittura gli elementi che permettono di valorizzare gli stessi strumenti virtuali a disposizione in chiave di promozione della crescita delle nuove generazioni. Permettendo maggiore vicinanza, possibilità di aiuto, nonché abbattendo, in diversi casi, quegli ostacoli che gli stessi ragazzi pongono in mezzo alle relazioni con gli educatori.

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