Nei conflitti in tutto il mondo i bambini sono stati utilizzati come scudi umani, uccisi, mutilati e reclutati per combattere. Stupro, matrimonio forzato, rapimento e riduzione in schiavitù sono diventate delle tattiche normali nei conflitti in Iraq, Siria, Yemen, Nigeria, Sud Sudan e Myanmar. Lo afferma l’Unicef stilando un bilancio del 2017.

Nei primi 9 mesi di quest’anno in Afghanistan circa 700 bambini sono stati uccisi. Nel Nord Est della Nigeria e in Camerun, Boko Haram ha costretto almeno 135 bambini ad agire in attacchi bomba suicidi; in Repubblica Centrafricana un rilevante incremento delle violenze ha causato la morte, lo stupro, il rapimento e il reclutamento da parte di gruppi armati di diversi bambini. Nella regione del Kasai, nella Repubblica Democratica del Congo, le violenze hanno costretto 850mila bambini a lasciare le proprie case. In Iraq e in Siria, i bambini sono stati intrappolati sotto assedio e diventati obiettivi di cecchini. In Myanmar, i bambini Rohingya hanno sofferto e assistito a terribili e diffuse violenze. In Sud Sudan oltre 19.000 bambini sono stati reclutati da forze e gruppi armati e oltre 2.300 bambini sono stati uccisi o feriti dall’inizio del conflitto a dicembre 2013. In Somalia, nei primi 10 mesi del 2017, sono stati registrati 1.740 casi di reclutamento di bambini. In Yemen almeno 5.000 bambini sono morti o sono stati feriti, ma il numero reale potrebbe essere molto più alto. Oltre 11 milioni di bambini hanno bisogno di assistenza umanitaria.

“Violenze di questo tipo – afferma Manuel Fontaine, direttore dei programmi di emergenza dell’Unicef – non possono rappresentare una nuova normalità”. L’Unicef chiede, pertanto, a tutte le parti in conflitto di rispettare gli obblighi del diritto internazionale per porre immediatamente fine alle violazioni contro i bambini e all’utilizzo di infrastrutture civili – scuole e ospedali – come obiettivi, e chiede a tutti gli Stati che possono esercitare influenza sulle parti in conflitto di intervenire per proteggere i bambini.

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