Di Bruno Desidera

Anche se sono trascorsi dieci giorni dalle elezioni in Honduras e se il Tribunale speciale elettorale (Tse) afferma di aver ormai scrutinato il 100% delle sezioni, nel Paese centroamericano regnano ancora tensione ed incertezza. I numeri forniti dal Tse attestano una vittoria del presidente uscente di destra, Juan Orlando Hernández, con il 42,98%. Il suo rivale Salvador Nasralla (candidato da un composito cartello di liste), secondo le cifre ufficiali, si è fermato al 41,38%, a circa 60mila voti di distanza. Ma di certo e chiaro, in questo lentissimo scrutinio, c’è ben poco. In questi giorni è successo di tutto. Nasralla aveva inizialmente un vantaggio di 5 punti sul presidente uscente, poi evaporati. Gli osservatori internazionali, sia dell’Organizzazione degli stati americani (Oea), sia dell’Unione europea, hanno espresso perplessità. La verifica supplementare, iniziata domenica scorsa, ha riguardato un migliaio di sezioni, mentre le richieste dell’opposizione riguardavano circa 5mila seggi. In effetti, Hernández non è ancora stato proclamato presidente. Se ciò avvenisse nel giro di poche ore o pochi giorni, il timore è che si scatenino proteste di piazza e scontri anche maggiori rispetto a quelli della scorsa settimana, che venerdì scorso avrebbero provocato la morte di sette persone (cinque delle quali a San Pedro Sula, la seconda città del Paese, una a la Ceiba e una nella capitale Tegucigalpa). Ed è di poche ore fa la notizia che Hernández accetterebbe il riconteggio totale dei voti.

L’appello del Papa. “Nella mia preghiera ricordo in modo particolare anche il popolo dell’Honduras, perché possa superare in maniera pacifica l’attuale momento di difficoltà”, ha detto papa Francesco all’Angelus domenica scorsa. Parole che hanno avuto una vasta eco nel Paese e in particolare tra i fedeli cattolici, come spiega al Sir mons. Ángel Garachana Pérez, vescovo di San Pedro Sula e presidente della Conferenza episcopale honduregna: “Abbiamo diffuso le parole del Papa ovunque, in tutte le chiese. Il Santo Padre ha mostrato una grande vicinanza e sensibilità, pensando a noi che siamo un Paese così piccolo. Ci ha ricordato l’importanza di cercare un cammino di pace”.

Richiesta di trasparenza. Contattiamo mons. Garachana, religioso claretiano di origine spagnola, all’indomani della conclusione dello scrutinio. I vescovi sono stati osservatori attenti, prima e dopo il voto. E solo nell’ultima settimana sono intervenuti due volte, l’ultima domenica scorsa con un messaggio alla nazione. “La posizione della Chiesa – ci dice – è che

si deve fare tutto il necessario, compreso il riconteggio dei voti, per garantire trasparenza e legittimità al processo elettorale.

Altrimenti, tensione e violenze non cesseranno”. Il vescovo spiega che “prima delle elezioni un sondaggio manifestava la sfiducia della gente sull’operato del Tribunale speciale elettorale. Quello che è accaduto in questi giorni è la prova che la sfiducia era meritata, anzi essa è aumentata. Ora siamo in attesa, i risultati non sono ufficiali e non sono sati accertati dagli osservatori internazionali”.
La richiesta di trasparenza si abbina all’appello ai candidati che si sono fronteggiati “perché dialoghino e riconoscano il risultato che emergerà”. Ma mons. Garachana si rivolge soprattutto al popolo: “In primo luogo stiamo chiedendo una preghiera intensa per il nostro Paese. E’ necessario guardare ad esso con la sguardo di Dio, con un atteggiamento di fede”. In secondo luogo, “chiediamo al popolo di non cedere alla tentazione della violenza. Fin dal 2009, anno del colpo di Stato, il nostro popolo è diviso. E’ venuto il momento di ricostruire uniti il tessuto del Paese. È richiesta particolare unità ai cattolici, chiamati a riconoscersi uniti in ciò che è fondamentale, più che a dividersi per le idee politiche”. La richiesta di non violenza si abbina però a quella di un’attenta vigilanza e partecipazione: “È necessaria in Honduras una forte coscienza civica, il coinvolgimento della società civile. Si tratta di dimensioni finora molto deboli, nella nostra società”.

Un Paese divorato da iniquità, corruzione e violenza. In continuità con il precedente messaggio diffuso durante la campagna elettorale, il presidente dei vescovi enumera rapidamente i maggiori problemi che il nuovo Governo si troverà ad affrontare: “Sono tanti, ma soprattutto tre:

la povertà, o meglio la grande iniquità sociale; l’enorme corruzione, che pervade tutte le istituzioni pubbliche e private; la violenza, molto diffusa nel Paese, che non si può debellare solo con interventi di ordine pubblico, con la militarizzazione della società.

Piuttosto servono politiche di prevenzione ed educazione”. Come è noto, l’Honduras è uno dei Paesi più violenti del mondo ed in particolare San Pedro Sula è da anni ai primi posti nel tasso di omicidi per abitanti. Mons. Garachana conclude sottolineando che prima di tutto “serve un grande sforzo per consolidare e sanare le istituzioni pubbliche, oggi cadute nel discredito. Al nuovo Governo è chiesta maggiore trasparenza rispetto al partito oggi al potere, che non ha cercato l’interesse del popolo”.

Entra a far parte della Community de L'Ancora (clicca qui) attraverso la quale potrai ricevere le notizie più importanti ed essere aggiornati, in tempo reale, sui prossimi appuntamenti che ti aspettano in Diocesi.

0 commenti

Lascia un commento

Il tuo indirizzo email non sarà pubblicato. I campi obbligatori sono contrassegnati *