Di Paola Dalla Torre

Nascono e proliferano sui social, il loro habitat naturale. Sono in tanti ormai a sostenere che stanno minacciando la democrazia mondiale, eppure, nonostante il dibattito incessante e gli sforzi delle piattaforme di condivisione, le fake news, le bufale 2.0, la fanno ancora da padrone. Perché? A dare una spiegazione, per la prima volta, ci prova la scienza. Che conferma: le false informazioni vengono prese per buone più facilmente se vengono comunicate all’interno di un gruppo, piuttosto che a un singolo.
Una ricerca della Columbia Business School ha condotto otto diversi esperimenti, coinvolgendo duemila volontari, e ha constatato che la presenza di altri (per esempio degli amici su Facebook) influisce sulla tendenza a verificare le notizie che leggiamo. In un ambiente di gruppo l’individuo controlla il 35% in meno se un titolo corrisponde al vero, rispetto a quando legge le news in solitaria.
Esistono tre teorie per spiegare il fenomeno. La prima è quella del bystander effect: chi è in una moltitudine non fa sforzi perché è convinto che tanto qualcuno li farà per lui.
La seconda è quella delle social norms. Come abitudine universalmente accettata si tende a credere a quello che le persone dicono.
Ma c’è una spiegazione più probabile: quella della teoria della safety in numbers. Quando si è in mezzo agli altri si abbassa la guardia e si è meno vigili. Si pensa: “se ci credono in tanti deve essere vero”.
E’ una situazione molto preoccupante perché, come si sa da altre ricerche, il 50-70% delle persone legge le notizie proprio attraverso i social media. Ed è per questo che all’indomani dell’elezione di Donald Trump in molti hanno puntato il dito contro Facebook e Twitter. E non a caso, visto che recentemente sono stati scoperti centinaia di account russi, fasulli, che promuovevano post con notizie e commenti non veritieri, di solito in favore di Trump. Facebook si sta muovendo per fare in modo che i fake possano essere segnalati tempestivamente, ma per ora i risultati non sono visibili.
Il rischio, quindi, è che piattaforme come Facebook, YouTube e Twitter diventino o siano già divenute una minaccia alla democrazia. Chissà se nel prossimo futuro il governo americano (e non solo) debbano adottare misure apposite per proteggere il pubblico dall’influenza che i social potrebbero avere nelle future campagne politiche e che potrebbe minare le fondamenta della società libera.

Entra a far parte della Community de L'Ancora (clicca qui) attraverso la quale potrai ricevere le notizie più importanti ed essere aggiornati, in tempo reale, sui prossimi appuntamenti che ti aspettano in Diocesi.

0 commenti

Lascia un commento

Il tuo indirizzo email non sarà pubblicato. I campi obbligatori sono contrassegnati *