“La povertà oggi ha il volto della dignità derisa e offesa del giovane che non riesce a trovare lavoro, dei favoritismi, dei familismi, della non meritocrazia, della non partecipazione riservata a tutti ma solo a pochi. Eppure oggi quando si parla di povertà, la mente va subito ad afferrare le immagini di chi sbarca sulle nostre coste, degli immigrati che hanno scelto di vivere stabilmente sul nostro territorio. Non si può cadere nell’errore di associare sempre e comunque l’immigrazione alla povertà”. Da Modena, per il Festival della Migrazione, organizzato da Fondazione Migrantes e Porta Aperta insieme a una ventina di associazioni e istituzioni, a parlare è il segretario generale della Cei, mons. Nunzio Galantino. Nel suo intervento dal titolo “Disuguaglianza, povertà e migrazione”, il segretario della Cei ha ribadito che “non si può nemmeno dimenticare che la vita del migrante, che si svolge in un contesto socio-culturale ed economico molto diverso da quello del paese di origine, presenta elementi di criticità che necessitano, per questo, di un costante monitoraggio e di azioni mirate”. Vere sono, invece, per il presule, “le connessioni tra povertà e immigrazione e tra immigrazione e povertà. Questo stretto legame tra immigrazione e povertà – ha spiegato – chiede che le politiche migratorie siano strettamente connesse con le politiche di sviluppo, che la salvaguardia del diritto di migrare sia connesso con la salvaguardia del diritto di rimanere nel proprio paese. Questo richiederebbe una maggiore tutela del transnazionalismo vissuto dai migranti (attraverso le rimesse, i ritorni, gli scambi…), come pure la partecipazione dei migranti a processi di co-sviluppo – come sembra previsto dalla nuova legge sulla cooperazione internazionale e come da anni è in atto in molte Ong – che presuppone, però, una integrazione e una forte partecipazione dei migranti alla vita della città, oltre che accordi tra l’Italia e i Paesi che, spesso, sono al di là del Mediterraneo”. Dati Istat e Inail alla mano mons. Galantino ha parlato di “segregazione occupazionale, povertà e vulnerabilità diffuse, differenze salariali, difficoltà abitative” che colpiscono i lavoratori stranieri e che richiamano l’assenza fondamentale di diritti fondamentali. Si tratta di diritti che nelle nostre culture liberali, marxiste e cattoliche dal 1848 ad oggi sono stati affermati sul piano delle persone (donne, minori, malati…), dei mondi (lavoro, scuola, salute, famiglia…) e delle cose (reddito minimo, casa, voto…), ma che oggi sono negati a chi si muove, a chi è precario, a chi è straniero”.

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