Di Paolo Bustaffa

Immagini, titoli, dichiarazioni, interviste ruotano in un vortice mediatico che sta raccontando ogni giorno violenze e abusi sessuali sulle donne.
Un vortice che ha attraversato e continua ad attraversare il mondo della ricchezza con volti noti e il mondo della povertà con volti sconosciuti.
Un vortice che, nonostante le denunce, sembra inarrestabile.
Pagine e video abbondano di dettagli sensazionalistici nel racconto di queste violenze. Ce n’è davvero bisogno?
Nella lettura sopravviene una tristezza infinita, una stretta al cuore perché sembra invincibile la forza, che in mille maniere e in mille luoghi, ferisce e uccide il corpo e l’anima.
Racconti tristi, anche se di diversa intensità, vengono da barconi sul Mediterraneo, da luoghi di lavoro anche in Italia, da città artificiali come Hollywood.
Cause diverse ma unica la conclusione: l’annientamento della persona, della sua bellezza.
I media certamente sbagliano nel soffermarsi su particolari sensazionalistici ma i fatti ci sono e dicono di una preoccupante e diffusa perdita di umanità.
Le leggi non mancano, qualcuna andrebbe resa più efficace, per tutelare e proteggere la dignità brutalmente rubata alle vittime.
Le leggi riusciranno in parte e fermare il vortice, hanno però bisogno, per essere pienamente efficaci, di una cultura sostanziata dal rispetto della dignità di ogni essere umano.
Un supplemento di competenza e di passione va allora posto nell’educazione delle nuove generazioni prima che il vortice delle violenze le travolga. Come peraltro già sta avvenendo all’uscita da scuola, dall’ufficio, dalla discoteca, dal campo sportivo.
Più che mai occorre superare la banalizzazione dei comportamenti e dei linguaggi di fronte al corpo femminile, al corpo maschile, al loro dialogare.
Il corpo ridotto a merce da consumare, a oggetto da usare e gettare è il segno eloquente dell’assenza di umanità. È il soffocamento dell’anima. È la devastazione dell’interiorità.
Fermare il vortice è tuttavia possibile. Lo dicono quelle tracce di umanità che emergono da racconti di vita di uomini e donne che ogni giorno tessono relazioni di umanità.
Non vanno sui media ma sono segni di quella speranza operosa che accompagna le nuove generazioni nella scoperta della bellezza infinita dell’uomo, della donna e del loro incontrarsi.
Una speranza chiamata a generare una riflessione culturale e, quindi, un impegno politico per la promozione della dignità e dei diritti di ogni essere umano. Così da fermare un vortice triste che genera tristezza.

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