“Con questo solenne atto per celebrare il XXV anniversario di quel momento, intendiamo porci in ascolto di Papa Francesco che a conclusione di questo incontro ci rivolgerà la sua parola”. Con queste parole monsignor Rino Fisichella, presidente del Pontificio Consiglio per la promozione della nuova evangelizzazione, ha aperto ieri, nell’Aula nuova del Sinodo in Vaticano, l’incontro organizzato dal suo dicastero per celebrare i 25 anni del Catechismo della Chiesa Cattolica. Un testo in cui è centrale “l’attenzione perché la catechesi sia un insegnamento che tende a sostenere l’identità del credente, soprattutto in riferimento al contesto storico e culturale in cui i battezzati sono inseriti”, l’ha definito Fisichella sottolineando il legame con il Concilio Vaticano II, che “ricorda anzitutto ai vescovi il compito peculiare del loro ministero episcopale perché la Parola di Dio cresca in mezzo al popolo e l’intelligenza della Sacra Scrittura, nella costante tradizione della Chiesa, diventi il patrimonio di fede, di carità e di speranza dei fedeli”. “La catechesi fin dai primi secoli della nostra storia ha visto i vescovi come veri protagonisti”, ha detto il vescovo citando tra gli altri sant’Agostino, sant’Ambrogio, san Giovanni Crisostomo, san Roberto Bellarmino e “l’impegno comune nell’Oriente e nell’Occidente riguardo la catechesi”. “Se a questo lungo elenco si aggiunge la recente tradizione del vescovo di Roma che ogni mercoledì tiene la sua catechesi per migliaia di persone, allora è opportuno chiedersi se non sia giunto il momento perché ogni vescovo riprenda nella propria cattedrale la sua funzione di primo catecheta per comunicare il patrimonio di sapienza e di spiritualità che arricchisce e rende salda la fede”, la proposta sull’esempio di Papa Francesco. Per Fisichella, “sarebbe certamente l’esempio concreto di un impegno per l’evangelizzazione che si fa annuncio e catechesi per restituire vigore a tanti sacerdoti, diaconi, religiosi e religiose, laici e laiche che senza conoscere fatica offrono ogni giorno il loro libero, generoso e convinto contributo per la catechesi”.

“Uno dei compiti della nuova evangelizzazione consiste certamente nel ravvivare la fede dei cristiani”. Spesso, “sembra diventata come la brace del fuoco che arde, ma non è più una fiamma viva capace di dare sostegno all’esistenza. Per diversi motivi, è diventata una fede debole, per molti spesso irrilevante per la vita, e ha bisogno comunque di un rinnovato impulso”. “Questa condizione non può non toccare di conseguenza anche la catechesi e la sua capacità di trovare metodi e contenuti che le permettano di essere una via adeguata per questa nuova tappa nella sua storia di evangelizzazione”, la tesi del vescovo, secondo il quale “ripensare la catechesi comporta ricreare il suo legame con l’evangelizzazione come un rapporto primario per affrontare di conseguenza il ruolo da svolgere nel rafforzare la fede dei credenti in questo peculiare momento della nostra storia”. Di qui la centralità della trasmissione della fede, del “primo annuncio” e del catecumenato, come “espressione dell’agire dell’intera comunità cristiana che ha compreso l’esigenza di recuperare fortemente lo spirito missionario spesso abbandonato nei decenni passati”. “Questo sarebbe un momento di grazia del tutto peculiare per gli adulti – ha concluso Fisichella – perché li condurrebbe progressivamente alla scelta della fede non come un fatto emotivo e, in primo luogo, neppure come un’assunzione di contenuti spesso estranei alla sua vita, ma come un impegno personale che possiede tutti i tratti per essere una scelta libera e vera che si compie consapevolmente per affidarsi al Signore”.

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