Marina Luzzi

Ventiquattro ore di sciopero di tutti i sindacati per chiedere che Am InvestCo, nuova proprietaria di Ilva, possa rivedere il suo piano industriale, che prevede 4.200 esuberi, spalmati tra gli stabilimenti di Taranto (3.311), Genova, Novi Ligure, e un cambiamento radicale e considerevole delle condizioni contrattuali, con l’azzeramento degli accordi attualmente vigenti (compresi anzianità e diritti maturati negli anni, ndr), il licenziamento e il ricorso al Jobs Act, e nessuna prospettiva felice per i migliaia di lavoratori dell’indotto. In attesa di conoscere i risultati del primo incontro di trattativa tra le parti, che il ministero dello Sviluppo economico (Mise) ha annullato ritenendo inaccettabili le condizioni salariali e contrattuali dei lavoratori, gli operai tarantini, dalle 6, hanno presidiato le portinerie A e D, Tubifici e Imprese.

Le parole dell’arcivescovo.L’adesione è stata massiccia e sostenuta, con vicinanza paterna, anche da mons. Filippo Santoro, arcivescovo della diocesi ionica e presidente della Commissione Cei per i problemi sociali e il lavoro. “Se da un lato le dichiarazioni dei ministri c’invitano alla fiducia – ha affermato – faccio mia la voce dei tarantini che non possono accontentarsi di rassicurazioni generiche: al governo chiediamo impegni sottoscritti con le parti che garantiscano la piena occupazione e il rispetto dei diritti acquisiti dagli operai. Attendiamo pertanto, rassicurazioni ufficiali. Lo stesso dicasi per il calendario delle prescrizioni ambientali.

Esprimo la mia vicinanza ai lavoratori del siderurgico che hanno indetto lo sciopero di oggi.

Taranto, per troppo tempo divisa, lacerata, deve trovare lo slancio per far sentire forte la propria voce in un momento così cruciale della sua storia”.

La voce della città. Il sindaco di Taranto, Rinaldo Melucci, dal canto suo chiede che anche il Comune venga reso partecipe dei tavoli di trattativa e ricorda: “Il governo ha sempre, giustamente, considerato Ilva un fulcro delle proprie politiche industriali. E Taranto ha risposto al Paese finora con struggente senso del dovere, a costo di generazioni di cittadini compromessi nella salute, nella qualità della vita, nelle prospettive socio-economiche. Se si conviene su questo punto si ha

diritto di esigere dal governo, dai Commissari e dalla Newco, comportamenti che vadano in tutt’altra direzione,

come peraltro sembra a tratti avvenire a Genova”.

Il commento della Fim Cisl. “Sapevamo che sarebbe stata durissima – ha detto il segretario generale della Fim Cisl, Marco Bentivogli, commentando l’incontro saltato – ma con queste premesse più che un’intesa ravvisiamo solo una volontà di scontro da parte dell’azienda. Prima dell’incontro il ministro Calenda ha chiesto all’azienda di cambiare impostazione, Am ha chiesto tempo per verificare il mandato e dovrà tornare al tavolo dopo il confronto con gli azionisti. Se ciò non avvenisse il governo ci ha garantito che metterà in campo tutto quanto nelle sue prerogative per il rispetto degli impegni presi”.
Bentivogli ha anche espresso soddisfazione per l’esito della sciopero. “I lavoratori hanno ben compreso che le basi su cui si articola il piano industriale vanno radicalmente modificate.

Continuiamo a ribadire che è possibile modificare il piano

affinché si rilanci la produzione dell’acciaio, si salvaguardi l’ambiente e si escludano licenziamenti”.

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