Di Daniele Rocchi

“In Egitto i cristiani sono a casa loro. Non siamo mai stati stranieri nel nostro Paese. Siamo cittadini egiziani. Ci sono delle difficoltà, i cristiani subiscono delle discriminazioni, ma sono a casa loro”.

Sua beatitudine Ibrahim Isaac Sidrak, patriarca di Alessandria dei Copti e guida della comunità copto cattolica egiziana che conta circa 300mila fedeli su 12 milioni copto ortodossi, riassume con queste poche parole la bimillenaria presenza cristiana nella terra dei Faraoni. Quella stessa terra dove la Sacra Famiglia, in fuga da Erode, trovò rifugio e accoglienza, dove trovarono ispirazione i padri del deserto e dove il monachesimo orientale mosse i primi passi. Ma tutta questa lunga e ricca storia oggi non basta più ai cristiani egizi per vivere senza subire discriminazioni e ingiustizie. Ancora oggi.

Una lunga storia di sofferenze. Nata intorno al 40 d.C. grazie alla predicazione dell’evangelista Marco, la Chiesa copta egiziana ha una lunga storia di persecuzioni e sofferenze. Gli ultimi capitoli datano 12 gennaio 2015: l’Isis sequestra 21 copti che vengono decapitati un mese dopo sulla spiaggia di Sirte in Libia, mentre fino all’ultimo recitavano le loro preghiere; 11 dicembre 2016: un attacco suicida uccide 25 persone nella chiesa copto-ortodossa del Santi Pietro e Paolo al Cairo; 9 aprile 2017: Domenica delle Palme, due attentati dell’Isis, ad Alessandria e a Tanta, provocano 47 morti e oltre 100 feriti; 26 maggio 2017: 35 pellegrini, a Minya, vengono massacrati dall’Isis perché rifiutatisi di convertirsi all’Islam.

foto SIR/Marco Calvarese

Fondamentalismo in crescita. Dietro questa barbarie non ci sono solo “le difficoltà economiche e politiche. Quando abbiamo avuto la guerra – spiega il patriarca, in questi giorni in Italia su invito di Acs, Aiuto alla Chiesa che soffre, che in Egitto porta avanti numerosi progetti di solidarietà – l’abbiamo affrontata insieme al resto del nostro popolo. Noi abbiamo le stesse difficoltà degli altri egiziani”.

Il vero problema è, ad avviso di Sidrak, “la crescente diffusione del fondamentalismo, sostenuto dalla Fratellanza Musulmana, che rifiuta l’altro perché ritenuto diverso. Complice anche il cambiamento della politica interna. In passato ciò non accadeva, come dimostrano i ruoli di rilievo che egiziani di fede cristiana potevano occupare all’interno delle strutture statali”.

Il patriarca copto cattolico fa risalire questi cambiamenti agli anni ‘70. “Prima di allora – ricorda – cristiani e musulmani crescevano insieme, avevano una vita in comune e la fede diversa non rappresentava un problema alla convivenza.

Oggi abbiamo a che fare con una mentalità chiusa, alimentata dal fondamentalismo che insegna, sin da piccoli, il rifiuto dell’altro perché infedele,

a non porgere gli auguri ai cristiani per le loro feste. Si cresce così. Ci sono istituzioni educative, che da anni sono chiuse all’altro. Per cui accade che chi studia per lunghi anni dentro queste istituzioni senza avere un confronto con altri di fede o visioni diverse, una volta uscito avrà molte difficoltà nel dialogare”.

foto SIR/Marco Calvarese

I semi della visita papale. Tuttavia qualcosa sembra muoversi nella giusta direzione. La visita di papa Francesco in Egitto (28 e 29 aprile) ha lasciato dei semi di cambiamento che ora cominciano a dare qualche frutto. “Sono cambiamenti che nascono interiormente – avverte il patriarca – questo è ciò che io avverto incontrando tante persone, soprattutto quelle maggiormente disponibili, aperte, a ricevere messaggi positivi.

Penso a scrittori e intellettuali musulmani, che hanno scritto in difesa dei cristiani chiedendo per loro il rispetto dei diritti umani, condannando ogni forma di discriminazione e denunciando i sermoni pronunciati nelle moschee contro i cristiani dipinti come infedeli da tenere alla larga. Essi scrivono cose che noi cristiani non potevamo dire”.

Ma qualcosa sta cambiando anche nella gente comune. “Venendo a Roma – racconta Sidrak – ho incontrato in aereo una giovane coppia di sposi in viaggio di nozze. La donna, di fede musulmana, mi ha detto di avere frequentato una scuola cattolica in Egitto e si è detta molto orgogliosa dell’insegnamento ricevuto. Ciò mi dona speranza che qualcosa si sta muovendo, qualcosa sta cambiando. E ciò che sta cambiando è il pensiero religioso: questo è un vero rinnovamento”.

Ma serve tempo e aiuto. Ecco allora l’appello del patriarca copto cattolico. “Alla comunità internazionale, al mondo chiedo di aiutare l’Egitto, e tutti gli egiziani – tra loro ci sono tanti musulmani disponibili a vivere insieme a fedeli di altre religioni – a essere sempre più aperto e moderno. Venite voi stessi in Egitto a vedere, abbiamo tante difficoltà, ci sono tanti cambiamenti in atto che chiedono tempo, ma per favore

non giudicateci sulla base di informazioni sbagliate. Abbiamo voglia di cambiare in meglio il nostro Paese.

Ringrazio tutte le istituzioni di ogni parte del mondo per l’aiuto che danno alle nostre comunità cristiane. Tutto ciò che facciamo con questa solidarietà, dalle scuole agli ospedali, è rivolto a tutto il popolo egiziano. In questo modo i nostri cristiani possono essere luce e sale del mondo”.

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