DIOCESI – Lectio delle Monache Clarisse del monastero Santa Speranza in San Benedetto del Tronto sulle letture di domenica 17 settembre.

Come la scorsa domenica, anche attraverso la liturgia odierna, Gesù ci chiede “solo e semplicemente” un esercizio di amore.
«In quel tempo, Pietro si avvicinò a Gesù e gli disse: “Signore, se il mio fratello commette colpe contro di me, quante volte dovrò perdonargli? Fino a sette volte?” E Gesù gli rispose: “Non ti dico fino a sette volte, ma fino a settanta volte sette”».
Non si tratta di risolvere un’operazione matematica: «settanta volte sette», evangelicamente parlando, non porta quattrocentonovanta, bensì, ha come risultato l’illimitato, il “per sempre”.
Che cosa ci dice del Signore il salmista? «Egli perdona tutte le tue colpe, salva dalla fossa la tua vita, ti circonda di bontà e misericordia. Non è in lite per sempre, non rimane adirato in eterno. Non ci tratta secondo i nostri peccati e non ci ripaga secondo le nostre colpe».
E’ da qui, da questo “essere” di Dio, che viene fuori il nostro “essere” e il nostro “vivere”: «Come io ho amato voi, così amatevi anche voi gli uni gli altri».
E come concretizziamo questo amore verso il prossimo? La Parola di questa domenica ci propone il perdono, ci parla di un amore che prende forma nel perdono verso i fratelli. Un perdono possibile solo perché ciascuno di noi si riconosce perdonato dal Signore, traboccante della misericordia e della tenerezza del Signore.
E’ questo il senso della parabola dei talenti che il Vangelo ci propone: il perdono che il Signore ci offre, sempre, ogni giorno, non può non generare il nostro perdonare i fratelli, oggi, sempre.
Noi che siamo stati condonati dei diecimila talenti diveniamo allora capaci di condonare cento denari a chi ci è debitore.
Leggiamo nella prima lettura, tratta dal libro del Siracide: «Un uomo che resta in collera verso un altro uomo, come può chiedere la guarigione al Signore? Lui che non ha misericordia per l’uomo suo simile, come può supplicare per i propri peccati?… Ricorda l’alleanza dell’Altissimo e dimentica gli errori altrui».
Non è una forma di buonismo ma il desiderio radicale di imitare il Padre.
Un perdono che chiede giustizia ma ha pazienza. Un perdono che non è una sorta di amnesia, non è neanche un qualcosa dettato dall’emozione di un momento, ma un gesto di volontà che prende forza da quel Dio che dà senso alla nostra intera vita. «Se noi viviamo, viviamo per il Signore, se noi moriamo, moriamo per il Signore»: un amore che si fa perdono, di cui ciascuno di noi è colmato e che ci chiede non di vivere ripiegati su noi stessi, ma di aprirci al Signore e, attraverso di Lui, a tutti gli altri.

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