“Tutti, alla fine, in un modo o nell’altro, siamo vittime, innocenti o colpevoli, ma tutti vittime. Tutti accomunati in questa perdita di umanità che la violenza e la morte comportano”. Lo ha detto il Papa, rispondendo alla testimonianza di Deisy e Juan Carlos, che come gli altri tre protagonisti delle altre tre testimonianze hanno abbracciato il Papa, dopo aver implorato insieme a lui il dono della pace. “C’è speranza anche per chi ha fatto il male; non tutto è perduto”, ha assicurato Francesco: “È certo che in questa rigenerazione morale e spirituale dei carnefici la giustizia deve compiersi. Si deve contribuire positivamente a risanare la società che è stata lacerata dalla violenza”. “Risulta difficile accettare il cambiamento di quanti si sono appellati alla violenza crudele per promuovere i loro fini, per proteggere traffici illeciti e arricchirsi o per credere, illusoriamente, di stare difendendo la vita dei propri fratelli”, ha ammesso il Papa: “Sicuramente è una sfida per ciascuno di noi avere fiducia che possano fare un passo avanti coloro che hanno procurato sofferenza a intere comunità e a tutto un Paese”. “È chiaro che in questo grande campo che è la Colombia c’è ancora spazio per la zizzania”, il monito di Francesco: “Fate attenzione ai frutti: abbiate cura del grano e non perdete la pace a causa della zizzania. Il seminatore, quando vede spuntare la zizzania in mezzo al grano, non ha reazioni allarmistiche. Trova il modo per fari sì che la Parola si incarni in una situazione concreta e dia frutti di vita nuova, benché in apparenza siano imperfetti e incompleti”.

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