Foto di Repertorio

L’Ac “dei cilindri”, dei “bianchi veli” e dei “baschi verdi”: è quella tratteggiata da Giorgio Vecchio, docente di Storia contemporanea dell’Università di Parma, che al convegno di Bologna per il 150° dell’Ac ha delineato un ampio e dettagliato profilo dell’associazione laicale, dalla fondazione, nel 1867, fino ai tempi recenti. Un’associazione che deve la sua origine ai giovani, aristocratici e borghesi (i “cilindri”), che nei primi tempi dell’Italia unitaria intendono portare un contributo educativo, sociale e poi politico alla giovane nazione.
Si tratta – spiega Vecchio – di “un laicato che comincia a muoversi, ad assumersi responsabilità dirette”, che intende stimolare la Chiesa per una rinnovata presenza evangelizzatrice in un’Italia in profonda trasformazione. I “cilindri” si contrappongono e al contempo si accostano agli “zucchetti” dei vescovi: il segno di un “nuovo protagonismo” che “nasce dal basso” e che solo in tempo successivi verrà riconosciuto dalle gerarchie ecclesiali. Ma nella storia dell’Ac spiccano anche i “bianchi veli” del settore femminile, organizzatissimo, capillare, capace di assegnare alle ragazze e alle donne un posto finalmente di rilievo nella vita ecclesiale e sociale. E poi i “baschi verdi” dei giovani, con un’associazione particolarmente dedita alla formazione umana e cristiana e in grado di realizzare forti legami educativi tra le generazioni. Vecchio tratta della dimensione spirituale dell’Ac, così pure del suo contributo alla formazione del movimento sociale cattolico che ha segnato ampiamente la storia italiana del ‘900.
L’Ac ha attraversato – nella relazione del docente – la vita nazionale, dal fascismo alla lotta resistenziale, dalla ricostruzione post-bellica al Concilio e alla sua attuazione (la “scelta religiosa”), fino al ’68, al terrorismo, per giungere all’oggi. Una ricostruzione, quella di Vecchio, che si sofferma sull’immagine di Vittorio Bachelet, presidente di Ac nel post-Concilio, ucciso dalle Brigate Rosse nel febbraio 1980 quando era vice presidente del Consiglio superiore della magistratura: “Quasi una crocefissione contemporanea – commenta lo storico –, una offerta di sé in nome di un impegno laicale, da cristiano adulto, per il bene del nostro Paese”.
Alla relazione di Vecchio è seguita quella di Paolo Trionfini, anch’egli storico, direttore Isacem, che si è concentrato sugli sviluppi della “forma associativa” dell’Ac dalle origini al ‘900. Quindi le conclusioni del convegno, affidate al presidente nazionale di Azione cattolica, Matteo Truffelli: “Ci è sembrato questo il modo migliore di avviare le celebrazioni dei 150 anni di vita dell’associazione e di iniziare il triennio associativo” dopo l’assemblea nazionale elettiva della scorsa primavera, che aveva portato l’Ac a un incontro con Papa Francesco in piazza San Pietro.
Truffelli ha segnalato alcune caratteristiche dell’Ac, che “è allo stesso tempo nazionale e ‘periferica’, perché radicata nelle parrocchie e nelle diocesi italiane; storia intergenerazionale (dai ragazzi, ai giovani, agli adulti), di donne e di uomini, di popolo e di singole – ordinare e straordinarie – figure di santità laicale”. Truffelli ha quindi annunciato una serie di prossimi appuntamenti, lungo il 2017 e per il 2018, intesi a conoscere la storia dell’Ac in chiave di una sua attualizzazione, di un “insegnamento per l’oggi e per il futuro della nostra associazione, della Chiesa e del Paese”. “Dobbiamo custrodire e reinvestire nell’oggi il patrimonio della nostra associazione”, è l’impegno tratteggiato da Truffelli. La prima giornata del convegno a Bologna si è quindi conclusa con i vesperi in cattedrale assieme all’arcivescovo Matteo Maria Zuppi e all’assistente generale di Ac, mons. Gualtiero Sigismondi.

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