Di Maria Rita Bartolomei

DIOCESI – Il pellegrinaggio, inteso come viaggio individuale o collettivo compiuto per devozione, ricerca spirituale o penitenza verso un luogo considerato sacro, caratterizza tutte le religioni del mondo.
Sotto un profilo antropologico, infatti, l’incontro con il soprannaturale sembra essere un esigenza dello spirito umano presente in ogni cultura, e il pellegrinare un aspetto dell’umanità dell’uomo che da sempre, per definizione e caratteristiche ontologiche, è un Homo Viator.
Il libro di Padre Diego Musso intitolato “Il Pellegrinaggio” (Edizioni Piccolo Mondo Cattolico, Mastergrafica srl, Teramo, Premessa di Mons. Gervasio Gestori, Presentazione di Mons. Michele Castoro, pp. 223), affronta l’argomento in modo piuttosto esaustivo.
Nel senso che, pur trattando del pellegrinaggio sotto un profilo religioso e spirituale, non tralascia gli aspetti etimologici, storici, culturali, e nemmeno quelli puramente tecnici e organizzativi.
Tanto che può essere considerato un vero e proprio vademecum per il pellegrino.
Il pellegrinaggio – dal latino peregrinus (per (al di là) e ager (campo), ovvero colui che non abita in città ma arriva da fuori, lo straniero – è frutto di una scelta responsabile, di una risposta ad una chiamata. Non si tratta, quindi, di vagabondaggio o di nomadismo, ma di un andare finalizzato lungo percorsi prestabiliti, verso una meta che appaghi il desiderio di pace e di amore. Per questo Padre Diego insiste sulla differenza tra pellegrinaggio e turismo religioso. Una differenza difficilmente percepibile, anche perché connessa sia alle modalità del viaggio, sia soprattutto alle
motivazioni interiori: prettamente spirituali nel primo caso; piuttosto culturali nel secondo; ovvero, legate al viaggio inteso come momento di svago e di conoscenza di luoghi, di popoli e di costumi diversi.
Un altro aspetto decisivo, sul quale l’Autore ci invita a riflettere, è la necessità di essere consapevoli dei propri limiti e della dimensione ontologica della fragilità umana. Nonostante i progressi della scienza e della tecnica sulla gestione della nascita e della morte, queste restano tuttora un mistero. Scienza e filosofia si contendono il primato nell’offrirci certezze, ma i loro risultati sono comunque provvisori e perfettibili. La cultura prevalente cerca di esorcizzare il senso di precarietà, di insicurezza e di paura che pervade l’uomo contemporaneo predicando l’onnipotenza dell’individuo sulla natura e sul proprio destino, negando o rimuovendo il dolore e la morte attraverso la rincorsa
all’accaparramento di beni e traguardi effimeri e transitori. Il narcisismo, il desiderio di prevaricazione e la presunta autosufficienza alimentano false sicurezze e facili illusioni, e invitano ad abbandonare ogni trascendenza e pratica spirituale. Tuttavia, il cammino esistenziale dell’uomo continua ad essere denso di ostacoli, di povertà e di fatica, di dubbi e di delusioni, spesso di angoscia e di disperazione. Permane, pertanto, l’anelito a mettersi in viaggio alla ricerca di qualcosa o di qualcuno che ci connetta con il senso della vita e dell’universo, che dia un significato alla sofferenza e che, in qualche modo, ci renda immortali. In questo senso, il pellegrinaggio è una metafora della vita, l’immagine archetipica del cammino esistenziale di ogni uomo e dell’intera umanità. Un cammino che per definizione ha un carattere transitorio e comporta il sentirsi itineranti e stranieri in terra straniera. Un cammino che può essere percorso in modo proficuo solo se con il cuore leggero, libero da pesi superflui: egoismo, superbia, pregiudizi, aspettative infondate. Perciò Padre Diego ci ricorda che nel viaggio verso la piena autorealizzazione e il benessere esistenziale è importante portare con sé solo l’essenziale, magari attraverso il recupero di valori fondamentali quali la solidarietà, la condivisione, la perseveranza, la fiducia, la preghiera e la meditazione.
Il testo presenta quattro figure bibliche emblematiche di pellegrini: Abramo, Mosé,
Maria e Gesù. Ognuno di questi personaggi ha intrapreso un autentico cammino di fede alla ricerca della propria vocazione; si è fatto portatore di un messaggio di forza, di coraggio, di speranza e di amore; ha testimoniato l’importanza di vivere la fede come abbandono e attesa fiduciosa.

Il pellegrinaggio è un itinerario di conversione, un percorso esteriore e interiore che coinvolgendo il corpo, la mente e il cuore, modifica il modo di guardare alla vita e al mondo. Una volta raggiunta la meta, il pellegrino diventa prova evidente di una trasformazione radicale, la testimonianza diretta che Dio viaggia in incognito, il suo agire è misterioso e imprevedibile, e i suoi progetti superano spesso ogni nostra aspettativa; ma non ci lascia mai soli e realizza sempre le sue promesse.

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