Alberto Campoleoni

La scuola dei prossimi anni sarà sempre più innovativa. E lo sviluppo del Piano nazionale scuola digitale lanciato dal ministero dell’Istruzione avrà una crescita rapida nei prossimi mesi.
Lo ha assicurato la ministra Valeria Fedeli che, illustrando il Piano, ha tracciato lo scenario di una scuola “in rimonta” sul versante delle nuove tecnologie e dell’innovazione, al punto che se solo due anni fa l’Ocse raccontava un’Italia indietro di 15 anni in fatto di digitalizzazione, ora “una grossa fetta di questo divario è stata colmata con coraggio e determinazione”. Certo, “il lavoro non è finito” e resta molto da fare. Soprattutto, spiega Fedeli, “abbiamo bisogno di sostenere finanziariamente maggior velocità, qualità e strumenti”.
Per andare avanti la ministra suggerisce “sedici passi” per il futuro, indicando anche le scadenze temporali. Così, ad esempio, entro il 20 settembre è previsto lo stanziamento di 10 milioni per realizzare laboratori in chiave digitale per gli istituti professionali, l’alberghiero, il meccatronico, le scuole di moda. E per le scuole di periferia, entro il 29 settembre saranno a bilancio 2,5 milioni per sperimentare ambienti innovativi e il digitale come soluzione alla dispersione scolastica. Dal 15 settembre, invece, verranno istituiti tre gruppi di lavoro al ministero per rivedere le indicazioni nazionali sul piano di studi, fare la mappatura delle metodologie didattiche innovative e monitorare l’uso dei device personali in classe. Quei device – leggi smartphone e tablet – che la scuola ha invece da alcuni anni “vietato” nelle aule, come elementi di disturbo e distrazione. Ora verranno riconsiderati per promuoverne “un uso consapevole e in linea con le esigenze didattiche”. C’è già chi ha parlato di “dietrofront”, anche se, in realtà, non sembra che cambi molto: è immaginabile che resti il divieto all’uso personale dello smartphone, ad esempio, per chattare per conto proprio, mentre potrà essere valorizzato – e usato – lo strumento innovativo laddove faciliti l’interazione e lo svolgimento delle lezioni (l’uso secondo “le esigenze didattiche”).
In ogni caso, la determinazione di fondo di chi guida la scuola italiana è quella di un rapporto “friendly” con tecnologia e innovazione, che passa anche attraverso il rinnovamento dell’amministrazione e la formazione del personale, oltre all’adeguamento delle infrastrutture.
Dai primi dati emersi dalle rilevazioni in corso dell’Osservatorio scuola digitale (su un campione di 3.500 scuole) risulta che il 97% degli edifici scolastici è connesso ad Internet per la didattica, ma solo il 47% ha una connessione adeguata. Il 48% degli edifici scolastici è interamente cablato, il 75% dei laboratori è cablato e connesso, il 56% delle aule è cablato e connesso. Solo il 54% delle aule risulta adeguato (come strumentazione) alla didattica digitale. Il registro elettronico di classe è invece usato dall’82% delle scuole e il 96% degli istituti usa strumenti digitali per parlare con le famiglie.
Naturalmente bisognerebbe spaziare su molti altri dati. Di certo la scuola italiana è in movimento e, sottolinea la ministra, ha raccolto e raccoglie la “sfida” del digitale, che si pone “per ogni individuo e organizzazione”. È una sfida “per interi settori e per le economie di interi Paesi. È normale, quindi, che lo sia anche per il sistema educativo”.

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