“Siamo qui, in segno di sostegno ai lavoratori della Calcestruzzi Belice, affinché il cammino di riscatto e uso sociale del bene confiscato abbia continuità e ricadute sempre più collettive. Ma siamo qui anche per ricordare che ogni bene confiscato e restituito – quando possibile – all’uso sociale, può rivelarsi la chiave di volta, lo strumento determinante per sconfiggere il sistema mafioso e i poteri sporchi e corrotti che lo alimentano. Qui per sottolineare, dunque, la necessità di approvare tutte le misure contenute nel nuovo codice antimafia volte a renderlo più efficace”. Così don Luigi Ciotti, fondatore di “Libera“, che prendendo la parola nella sede della fabbrica, in provincia di Agrigento, ha ricordato che “le leggi sono forti quando sono incise nella coscienza dei cittadini. Per questo non solo dobbiamo sentire profondamente nostro quest’impegno, ma sentire anche rivolte a noi le minacce a chi lo rafforza con parole oneste, serie, documentate”. “È il caso di Salvo Palazzolo, bravo giornalista oggetto di minacce per aver informato delle misure preventive di confisca applicate ad alcuni ‘beni’ della famiglia Riina”, ha precisato il sacerdote, che ha poi proseguito: “Sappiano questi signori – i quali minacciano di risorgere come l’Araba Fenice per vendicare nove volte l’’offesa’ ricevuta – che esiste una Sicilia e un’Italia che s’impegnano per la libertà e la giustizia, e che di fronte alle minacce e alle menzogne non indietreggiano né tacciono. Una Sicilia e un’Italia di giovani, soprattutto, per le quali la ricerca della verità è un imperativo etico, un obbligo di coscienza che precede ogni valutazione e calcolo di convenienza. Nella vicinanza a chi è minacciato e nel ricordo vivo di chi a causa delle mafie ha perso la vita”. “Come Rita Atria – l’esempio scelto da don Ciotti –  che oggi ricordiamo a Partanna nel venticinquesimo anniversario della morte. Rita è la settima vittima di via d’Amelio, incapace di sopravvivere alla morte di Paolo Borsellino, che era per lei come un padre. Saremo lì per ricordarla e per rinnovare, nell’intimo della coscienza, la sua graffiante lezione di vita”. “Prima di combattere la mafia – ha scritto Rita prima di morire – devi farti un esame di coscienza e poi, dopo aver sconfitto la mafia dentro di te, puoi combattere la mafia che c’è nel giro dei tuoi amici. La mafia siamo noi ed il nostro modo sbagliato di comportarci”.

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