“I diaconi sono un dono per la Chiesa, ma anche per la società”. Lo ha detto don Carmine Arice, direttore dell’Ufficio Cei per la pastorale della salute, intervenendo alla conferenza stampa di presentazione del convegno “Diaconi educati all’accoglienza e al servizio dei malati”, in programma a Cefalù dal 2 al 5 agosto. “La nostra società, come dice il Papa, è un ospedale da campo”, ha proseguito Arice, citando come esempi “l’esplosione della sofferenza mentale, delle malattie neurodegenerative collegate all’invecchiamento, di tutte le dipendenze”. “La Chiesa nei prossimi decenni dovrà soprattutto occuparsi delle fasce di popolazione che sono in sofferenza”, la tesi del direttore dell’Ufficio Cei, secondo il quale la presenza dei diaconi, “segno di Cristo servo” e “figura sempre più in crescita”, diventa fondamentale “in un contesto multietnico e multireligioso”. “Accoglienza è ‘fare casa’, attraverso la relazione – ha spiegato Arice riferendosi al tema del convegno – perché ciascuno possa vincere la radicale solitudine in cui la malattia, la sofferenza, rischia di farlo cadere”. L’augurio del direttore dell’Ufficio Cei è “che il diaconato sia sempre più definito senza termine di paragone rispetto al presbitero e alle sue funzioni, ma venga riscoperto come il dono essenziale che è, nell’identità chiara che il Padre ha voluto donare per la Chiesa e per i poveri”. Le offerte che verranno raccolte durante il convegno di Cefalù verranno devolute alla Società Biblica in Italia, per acquistare Bibbie in inglese e francese in edizione interconfessionale da distribuire ai migranti cristiani che quotidianamente transitano per Lampedusa.

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