Anna T. Kowalewska

La Commissione europea si sta occupando ancora una volta del “caso Polonia”. Domenica 16 luglio a Varsavia e in molte altre città del Paese si sono svolte manifestazioni contro il modo in cui il partito di maggioranza assoluta Legge e giustizia (Prawo i Sprawiedliwosc – PiS), guidato da Jaroslaw Kaczynski, sta cambiando l’ordinamento dello Stato, introducendo talune riforme che, secondo l’opposizione, violano il principio di suddivisione dei poteri tra legislativo, esecutivo e giudiziario. Le proteste, contrariamente a quelle dei tempi del regime comunista, non sono ascrivibili a motivi economici.

Economia a gonfie vele. Nel primo trimestre del 2017, infatti, la crescita del Pil è stata del 4,1 per cento. Per il 2017 il Fondo  monetario internazionale prevede per la Polonia una crescita del Prodotto interno lordo pari al 3,6 per cento. Fra l’altro, durante tutti i 13 anni trascorsi dall’adesione all’Unione europea l’economia polacca ha sempre ottenuto risultati migliori rispetto alla media Ue. La disoccupazione (del 20 per cento nel 2004) oggi è inferiore all’8 per cento su base annua, mentre nel mese di maggio è stata al di sotto del 5 per cento. L’agenzia di rating Fitch per il secondo semestre del 2017 e il 2018 prevede per la Polonia un forte aumento dei consumi dovuto principalmente al programma nazionale di sostegno economico alle famiglie con più di un figlio (500+), ma consequenziale anche agli investimenti infrastrutturali finanziati con fondi europei. In considerazione del fatto che il Pil pro capite in Polonia non superasse il 70 per cento della media europea, nel bilancio 2014-2020 l’Unione ha destinato alla Polonia (maggior beneficiario fra tutti i 28 Paesi membri) ben 82,5 miliardi di euro.

Successi del programma “500+”. Per un’ampia percentuale delle famiglie polacche, però, il reddito invece che dal lavoro proviene da stanziamenti previdenziali, i quali costituiscono la principale fonte di reddito per il 36,7 per cento delle famiglie. I dati del recente rapporto della Banca centrale di Polonia si riferiscono all’ultimo trimestre del 2016, ma le cifre andranno riviste in considerazione dell’uscita dal mondo del lavoro entro la fine dell’anno di circa 330mila nuovi pensionati, donne e uomini che avranno compiuto rispettivamente 60 e 65 anni. Il programma “500+” introdotto alla fine del 2016, come afferma Elzbieta Rafalska, ministro del Lavoro e delle politiche sociali, “ha già permesso di aiutare ad uscire dallo stato di povertà quasi 4 milioni di bambini” (il 57 per cento del totale dei minori). Il programma si pone come obiettivo di aiutare il 97 per cento dei bambini poveri, ma il governo prevede anche una ricca proposta di edilizia sociale e di aiuti finalizzati all’acquisto della prima casa da parte delle famiglie meno abbienti da affiancare prossimamente al “500+”.

Il “pericolo assuefazione”. Mentre l’esperto di economia Janusz Jankowiak mette in guardia i beneficiari dei trasferimenti dal sistema previdenziale dall’assuefazione e dalle difficoltà di ritrovare nel futuro il proprio posto in un mercato del lavoro in rapido mutamento, l’ex vice-primo ministro nonché ex presidente della Banca centrale polacca, Leszek Balcerowicz, parla senza mezzi termini di “concussione da parte del regime” finalizzata ad assicurarsi i consensi elettorali a danno del bilancio dello Stato e di conseguenza dell’intera comunità nazionale.

Isolamento internazionale? Adam Michnik, noto oppositore ai tempi del comunismo, in un articolo pubblicato il 15 luglio su “Gazeta Wyborcza”, accusa Kaczynski di “aver violato la Costituzione polacca, di annullare l’indipendenza del potere giudiziario, di essersi appropriato del patrimonio pubblico, di aver colpito brutalmente l’indipendenza della cultura del teatro, dei film dei musei e perfino della  foresta di Bialowieza” dove, nonostante i moniti dell’Ue e dell’Unesco, si continua il disboscamento deciso dal governo come cura migliore contro una specie di coleottero per altro da sempre presente in quell’ultimo lembo di biosfera vergine non ancora intaccata dall’uomo in Europa. Michnik, inoltre, lamenta “l’isolamento internazionale della Polonia” anche in relazione alla mancanza di risposte positive ad alcune questioni urgenti, fra cui l’accoglienza di profughi e migranti. Va ricordato però che secondo alcuni sondaggi effettuati a giugno, il 91 per cento fra gli elettori del PiS si dice contrario ad accogliere i profughi, mentre restio ad offrire ospitalità a profughi musulmani è il 70 per cento dell’intera opinione pubblica polacca.

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